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Il generale in pensione Michael T. Flynn, ex consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, ha affermato sabato in un messaggio pubblicato sui social che “i giorni di Nicolás Maduro sono severamente contati”.
Flynn, vicino all'attuale presidente Donald Trump, ha definito il presidente venezuelano come “leader della più grande organizzazione terroristica straniera dell'emisfero” e ha avvertito che non ci sarà spazio per una continuazione chavista.
“Non rimarrà un ‘mini-Maduro’ al suo posto”, ha scritto, menzionando che figure chiave del governo statunitense, come il procuratore generale Pam Bondi, il segretario alla Guerra e il direttore dell'FBI, “non lo permetteranno”.
L'ex funzionario ha sottolineato che “il terrorismo, il narcotraffico, la tratta di minori e altre attività illecite sono finiti” e ha rimarcato che Trump “è completamente deciso, e ogni giorno di più serio” nella sua posizione contro i regimi autoritari nella regione.
Flynn ha anche espresso il suo sostegno alla leader dell'opposizione venezuelana María Corina Machado, che ha definito “la Dama di Ferro”, come l'ha qualificata il segretario di Stato, Marco Rubio. “Abbiamo bisogno della correttamente eletta e molto forte @MariaCorinaYA”, ha sottolineato.
Afferma che, nella sua esperienza di “caccia ai bersagli di alto valore”, Maduro dovrebbe ritirarsi “mentre può”, e permettere al popolo venezuelano di scegliere liberamente il proprio destino.
Il messaggio è stato inviato poco dopo le nuove dichiarazioni del presidente Trump, che ha ribadito che la sua amministrazione “non tollererà regimi criminali nel emisfero occidentale”, in chiara riferimento al governo di Caracas.
Tensione militare, narcotraffico e il Cartello dei Sole nel Caribe
Nelle ultime settimane, la regione dei Caraibi è stata teatro di un'escalation militare senza precedenti tra Stati Uniti e Venezuela, legata alla lotta contro il narcotraffico e al crescente potere del Cártel de los Soles.
Rapporti sulle incursioni aeree, schieramenti navali, manovre bilaterali con paesi della regione e avvertimenti espliciti da Washington verso Caracas, caratterizzano l'attualità informativa.
Il regime venezuelano ha risposto avvertendo che non tollererà aggressioni militari esterne. Allo stesso tempo, Washington ha incrementato la sua presenza navale nei Caraibi, incluso il dispiegamento di una nave lanciamissili, il posizionamento di aerei F‑35 e operazioni marittime antidroga.
Questo dispiegamento si combina con il discorso di Trump che dichiara che gli Stati Uniti sono in “conflitto armato” con i cartelli della droga, il che apre la porta a un'interpretazione più aggressiva delle azioni militari all'interno e nei pressi del territorio venezuelano.
Il Cártel de los Soles, presunti collegamenti tra le strutture del potere chavista -guidato da Maduro- e il traffico di droga, appare frequentemente in queste narrazioni come obiettivo centrale della “guerra contro la droga” promossa da Washington.
In mezzo a questa tensione, il governo di Maduro ha risposto decretando uno stato di “commozione esterna”, mobilitando truppe e intensificando la sua retorica di resistenza.
In questo contesto, la disputa trascende già il piano del discorso diplomatico: i Caraibi diventano scenario di confronto geopolitico con un reale rischio di escalation militare sotto la bandiera della lotta al narcotraffico.
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