Raúl Torres difende Israele Rojas e attacca La Joven Cuba per una polemica intervista

"Il stesso Fidel avrebbe alzato un calice di fronte a questa intervista. Perché Israele ha fatto ciò che il comandante trasmetteva alle nuove generazioni: pensare con la propria testa, difendere la rivoluzione criticando ciò che non funziona," ha assicurato Torres.

Raúl Torres e Israel RojasFoto © Cubadebate - Cattura video YouTube / La Joven Cuba

Il trovador ufficialista Raúl Torres è uscito in difesa pubblica di Israel Rojas, leader del gruppo Buena Fe, dopo l'intervista controversa pubblicata dal mezzo indipendente La Joven Cuba (LJC).

In un acceso post in social media, Torres ha definito l'intervento di Rojas come un “colpo da fuoricampo” e ha attaccato LJC, che ha definito un mezzo “controrivoluzionario” che pratica un “giornalismo di caccia alle streghe”.

Captura di schermo Facebook / AlmaCandil Raulito Torres

Il testo di Torres non ha risparmiato elogi verso Rojas, che ha descritto come un “titan della cultura cubana” che rappresenta “una Cuba nuova che rompe catene arcaiche”, e il cui discorso – secondo lui – non si adatta né al dogma né alla dissidenza.

“Isra, un artista laborioso, un critico lucido… non teme di sottolineare tanto il blocco criminale degli Stati Uniti quanto i nostri stessi errori interni. Questa è la sua grandezza”, ha scritto Torres.

Lontano da una difesa misurata, il cantautore conosciuto per i suoi inni propagandistici dedicati a Castro e Hugo Chávez, ha usato un linguaggio emotivo e pomposo per attaccare gli intervistatori, accusandoli di cercare di “pescare nell’acqua torbida” con domande “ideologicamente malevole”. Secondo la sua interpretazione, LJC cercava di strappare una frase polemica da Rojas per “nutrire il circo controrivoluzionario”.

Nel cuore del suo messaggio, Torres ha attaccato i media indipendenti cubani e la loro crescente influenza nel dibattito pubblico nazionale, affermando che ciò che realmente li infastidisce è che Israel Rojas "non si inserisce nelle loro narrazioni binarie", perché il suo discorso "esige cambiamento senza rinunciare all'essenza [rivoluzionaria]".

Questo argomento, tuttavia, è stato duramente contestato da settori della società civile, che percepiscono nelle recenti dichiarazioni di Rojas una strategia di ripulitura dell'immagine, più orientata a testare il clima sociale che a esprimere una autentica autocritica del sistema.

Uno dei passaggi più controversi del post di Torres è la sua affermazione che il dittatore Fidel Castro avrebbe “alzato un calice” durante l'intervista, perché Rojas “difende la Rivoluzione criticando ciò che non funziona”.

In contrasto con questa visione idealizzata della critica "rivoluzionaria", gran parte del pubblico cubano ha percepito nell'intervista del leader dei Buena Fe uno sforzo tardivo e superficiale per mostrarsi tollerante, dopo anni di allineamento rigoroso con il discorso ufficiale e di ostilità verso coloro che si sono manifestati durante l'esplosione sociale dell'11 luglio.

Torres ha anche fatto appello alla sua biografia personale per giustificare la sua lealtà al sistema: “Sono un nero di genitori un tempo affamati a cui la rivoluzione ha dato dignità, studio e lavoro”, ha scritto, chiarendo che il suo supporto a figure come Rojas o al governante Miguel Díaz-Canel non è negoziabile.

In questo senso, il suo messaggio si è trasformato in un'esaltazione del dogmatismo mascherato da apertura: “Viva Fidel, Viva Raúl, Viva Díaz-Canel, Viva la Rivoluzione e Viva una Cuba libera ma anche autocritica!”

Il tono aggressivo della sua chiusura ha contrastato con l'invito al dibattito che ha affermato di voler difendere: “Per le buone regalo la mia casa con tutto dentro... per le cattive porto via il castello a chiunque”, ha avvertito Torres, tra battute e minacce appena velate.

Per molti, il post di Torres conferma che sia le dichiarazioni di Rojas che il loro eco nei portavoce del regime rispondono a una narrativa ben calibrata dal governo per far sembrare un’apertura che, in fondo, non mira ad altro che a preservare il statu quo.

In un paese segnato dalla repressione della libertà di espressione, l'uso strumentale della cultura a fini propagandistici rimane un pilastro centrale del regime. E in questo scenario, sia Israel Rojas che Raúl Torres hanno dimostrato, ancora una volta, che la loro lealtà è con il potere, non con il popolo che soffre per i blackout, la censura e la mancanza di futuro.

Lis Cuesta invita Israel Rojas a un dibattito all'ISA dopo l'intervista controversa

Solo un giorno dopo la polemica, la direttrice eventi del ministero della Cultura e moglie di Díaz-Canel, Lis Cuesta Peraza, ha annunciato sui social che Rojas parteciperà come ospite nella sua aula dell'Istituto Superiore d'Arte (ISA) per discutere delle Industrie Culturali. "Il corso in Gestione sarà onorato da creatori che rompono barriere", ha scritto.

Il gesto è stato interpretato come parte di una strategia del governo per riabilitare figure contestate senza rompere con il sistema. Rojas, ampiamente criticato per aver negato l'esistenza di prigionieri politici e per aver legittimato la repressione dell'11J, è stato oggetto di una forte ondata di scetticismo dopo aver suggerito, durante la sua intervista con LJC, la possibilità di graziare alcuni manifestanti. Molti hanno visto nelle sue parole un tentativo calcolato di riposizionarsi senza pagare il costo politico di una autocritica vera.

L'apparizione immediata di Cuesta Perazapara per integrarlo in un “dibattito accademico” è stata vista come una manovra simbolica che cerca di inquadrarlo come un attore rinnovante, ma sempre all'interno dei limiti del discorso ufficiale.

L'ISA, sotto l'influenza della "non prima donna", è diventato un palcoscenico utile per promuovere ciò che il potere cerca di presentare come “apertura”, mentre si ignora la repressione, l'esilio forzato e la censura che hanno subito altri artisti critici.

Cuesta Peraza, nota per la sua lealtà militante al regime e i suoi eccessi retorici sui social network, sembra ora svolgere un ruolo chiave nella reintegrazione simbolica di figure logorate nel racconto del castrismo.

Su iniziativa, tuttavia, è stata ricevuta con lo stesso scetticismo dell’intervista di Rojas: come parte di un copione ufficiale per simulare cambiamenti senza trasformare nulla.

Archiviato in:

Iván León

Laureato in giornalismo. Master in Diplomazia e Relazioni Internazionali presso la Scuola Diplomatica di Madrid. Master in Relazioni Internazionali e Integrazione Europea presso l'UAB.