Trump reclama “attivi rubati” dal regime chavista: Quali aziende sono in contesa e perché?



Trump esige che il Venezuela restituisca gli attivi espropriati, incluse aziende come ExxonMobil e ConocoPhillips. Gli Stati Uniti intensificano le sanzioni contro il petrolio venezuelano, aumentando le tensioni geopolitiche.

Raffineria di Exxon Mobil in VenezuelaFoto © almayadeen.net

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha nuovamente portato il Venezuela al centro della polemica internazionale esigendo pubblicamente che il governo di Nicolás Maduro restituisca “tutto il petrolio, le terre e gli attivi che ci hanno rubato”.

Il suo messaggio, recentemente diffuso attraverso il suo social network Truth, ha avuto risonanza mondiale e ha provocato una risposta indignata dal regime chavista, che lo ha definito “una minaccia imperialista e assurda”.

Cattura dello schermo Truth Social / @realDonaldTrump

La Casa Bianca ha successivamente confermato che l'amministrazione Trump ha ordinato un blocco totale delle petroliere sanzionate che trasportano greggio venezuelano, misura che Washington giustifica come parte della sua strategia per impedire il finanziamento del regime di Maduro attraverso il petrolio.

Il Dipartimento di Stato ha aggiunto che la dichiarazione del presidente si riferisce a una serie di beni e investimenti statunitensi espropriati dal Venezuela durante i governi di Hugo Chávez e dello stesso Maduro.

Le espropriazioni che hanno segnato due decenni

Sebbene non esista un documento unico che raggruppi tutti i beni statunitensi nazionalizzati, i registri di arbitrato internazionale e i rapporti della Camera Venezolano-Americana di Commercio mostrano un chiaro schema: il Venezuela ha espropriato o confiscato oltre una dozzina di aziende statunitensi dal 2007, quando Chávez lanciò il suo piano di “reversione della sovranità energetica”.

ExxonMobil (2007)

In quell'anno, il governo chiese alle compagnie petrolifere straniere di cedere la maggioranza azionaria dei loro progetti nella Faja Petrolífera del Orinoco a PDVSA. ExxonMobil rifiutò l'accordo e i suoi attivi furono espropiati.

La compagnia ha citato in giudizio il Venezuela presso il Centro Internazionale per la Risoluzione delle Controversie Relativi agli Investimenti (CIADI), che nel 2014 le ha riconosciuto un risarcimento di 1.400 milioni di dollari. Caracas ha pagato solo una parte e continua a essere sotto osservazione dei tribunali internazionali.

ConocoPhillips (2007)

Il caso più costoso per il Venezuela. Le sue partecipazioni nei progetti Petrozuata, Hamaca e Corocoro sono state nazionalizzate.

Nel 2019, un tribunale dell'CIADI ha ordinato il pagamento di 8.700 milioni di dollari a ConocoPhillips per espropriazione illecita, la più grande condanna di questo tipo contro il paese.

Owens-Illinois (2010)

Il produttore statunitense di contenitori di vetro è stato nazionalizzato per decreto presidenziale. Nel 2015, il CIADI ha emesso una sentenza a suo favore, stabilendo che il Venezuela aveva violato il trattato bilaterale di investimento con gli Stati Uniti.

Clorox (2014)

L'azienda ha chiuso bruscamente per inviabilità economica; alcuni giorni dopo, il governo ha occupato i suoi locali e ha ordinato il loro funzionamento sotto controllo statale.

General Motors (2017)

Il regime ha confiscato uno stabilimento di assemblaggio a Valencia e beni dell'azienda, citando contenziosi lavorativi. GM ha definito l'accaduto come una "espropriazione illegale" e ha sospeso le sue operazioni nel paese.

Kellogg's (2018)

La multinazionale alimentare ha abbandonato il paese a causa dell'iperinflazione e del controllo dei prezzi. Maduro ha annunciato che lo stabilimento continuerà a produrre “sotto amministrazione operaia”, senza una compensazione conosciuta.

Chevron (2025)

L'ultima grande compagnia petrolifera statunitense che manteneva operazioni congiunte con PDVSA sotto licenze speciali del Tesoro degli Stati Uniti.

Nel 2025, le licenze furono revocate temporaneamente e gli attivi rimasero sotto amministrazione venezuelana, anche se non esiste ancora un processo di espropriazione formale.

Aziende di servizi petroliferi (Halliburton, Schlumberger, Baker Hughes e Weatherford)

Tra il 2018 e il 2025, queste compagnie hanno ridotto drasticamente la loro presenza o sospeso le operazioni a causa di sanzioni e debiti non pagati. Anche se non ci sono state confiscazioni dichiarate, le loro attrezzature e macchinari sono rimasti trattenuti nel territorio venezuelano.

Oltre il petrolio

Le espropriazioni non si limitarono al settore energetico. Tra il 2009 e il 2015, il governo venezuelano prese il controllo di oltre 5.000 aziende nazionali e straniere, secondo i dati della Confederazione Venezolana degli Industriali (Conindustria).

Di esse, almeno 20 avevano capitale statunitense totale o parziale, incluse aziende di manifattura, alimentari, servizi e telecomunicazioni.

La risposta di Caracas

Il ministro della Comunicazione venezuelano, Freddy Ñáñez, ha risposto alle dichiarazioni di Trump definendole un “ricatto politico” e ha assicurato che “il Venezuela non restituirà neanche un singolo attivo ai monopoli dell'imperialismo”.

Tuttavia, l'opposizione venezuelana considera che queste espropriazioni siano state parte del collasso economico nazionale, distruggendo gli investimenti stranieri e le garanzie legali.

Un reclamo con radici legali e politiche

Esperti di diritto internazionale concordano sul fatto che l'espressione di Trump — "restituire gli attivi rubati" — non implica una richiesta di proprietà territoriale, ma piuttosto la richiesta di indennizzi dovuti riconosciuti da lodi arbitrali internazionali.

Gli Stati Uniti, in quanto Stato, non possiedono quegli attivi, ma rappresentano gli interessi delle aziende coinvolte, che hanno vinto la maggior parte delle cause internazionali.

Nel frattempo, il confronto verbale tra Washington e Caracas riaccende la tensione geopolitica nella regione, in un momento di massima pressione economica sul regime chavista.

Per il Venezuela, le rivendicazioni simboleggiano il costo del suo modello di espropriazioni; per Trump, un ulteriore argomento politico nella sua crociata contro i regimi alleati di Cuba, Russia e Iran.

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