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Il nave venezuelano “Manuel Gual” è arrivato martedì al porto Guillermón Moncada di Santiago di Cuba con oltre 5.000 tonnellate di aiuti umanitari, destinati a sostenere la ripresa della Cuba orientale dopo i gravi danni causati dal uragano Melissa.
Secondo il ministro dei Trasporti Eduardo Rodríguez Dávila, sul social media Facebook, il carico comprende medicine, alimenti secchi e materiali per riparare il sistema elettrico, uno dei settori più colpiti dal passaggio del ciclone. A due settimane dal disastro, Santiago di Cuba ha appena recuperato il 34 % del servizio elettrico, il che tiene migliaia di famiglie senza luce, acqua né refrigerazione.
Solidarietà o dipendenza cronica
Il invio fa parte di una serie di azioni coordinate dall'Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA-TCP), che include il trasferimento di una squadra multidisciplinare di 22 tecnici venezuelani specializzati in energia elettrica, trasporti e opere pubbliche, inviati il 10 novembre per partecipare alle attività di recupero, secondo un rapporto di teleSUR.
L'arrivo della nave "Manuel Gual" si presenta come un gesto di solidarietà di Caracas nei confronti dell'Avana, nell'ambito di un'alleanza politica che si mantiene nonostante la profonda crisi economica che entrambi i paesi stanno affrontando.
Dopo l'impatto dell'uragano nell'oriente cubano lo scorso 29 ottobre, il Venezuela ha inviato 26 tonnellate di aiuto via aerea, comprese alimenti, forniture mediche e materiali da costruzione. Nello stesso giorno, il cancelliere Bruno Rodríguez ha citato una frase di José Martí—“Fare è il modo migliore di dire”— apparentemente in risposta all'offerta degli Stati Uniti di inviare aiuti “direttamente al popolo cubano, senza intermediari del regime”.
Sebbene il governo cubano abbia espresso la propria gratitudine per le donazioni, persistono i dubbi tra i cittadini sulla distribuzione delle risorse, con richieste sui social media che chiedono trasparenza e che "l'aiuto arrivi al popolo, non al governo".
Sin embargo, per molti cubani, questo aiuto rappresenta più una dimostrazione di dipendenza strutturale che di cooperazione efficace. Mentre il regime esalta l'“amicizia inossidabile” con il Venezuela, la popolazione dell'oriente cubano continua a dover affrontare blackout interminabili, scarsità di cibo e mancanza di farmaci di base.
Appena due giorni prima, l'Unione Elettrica (UNE) ha confermato che il deficit nazionale di generazione supera i 1.500 MW, e che il collasso energetico colpisce tutto il paese, con Santiago di Cuba come uno dei territori più colpiti.
Un paese che sopravvive grazie all'aiuto esterno
L'arrivo del “Manuel Gual” rimette in evidenza la dipendenza del regime cubano dall'aiuto internazionale —soprattutto dai suoi alleati politici— per affrontare emergenze che il suo stesso sistema economico non riesce a gestire.
Mentre i funzionari celebrano la "solidarietà bolivariana", migliaia di cubani nell'est continuano a essere senza elettricità, senza cibi freschi e senza risposte concrete su quando recupereranno condizioni di vita fondamentali.
L'aiuto venezuelano è un sollievo momentaneo, ma è anche un promemoria del fallimento strutturale della gestione statale, che ha lasciato Cuba senza autosufficienza energetica né capacità logistica per affrontare i disastri naturali sempre più frequenti.
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