María Corina Machado: “Il Venezuela è a un passo dalla libertà, poi andremo per Cuba e Nicaragua”

“È la stessa causa per Cuba e Venezuela. Non c'è niente di più potente di un popolo che ha deciso di essere libero. Viva Cuba libera, viva Venezuela libera”, ha concluso Machado il suo intervento nell'ambito della conferenza “Salvar a Cuba”.

María Corina Machado durante il suo interventoFoto © Captura de video X / @EmmaRincon

La leader oppositore venezuelana María Corina Machado ha inviato sabato un messaggio incisivo all'esilio cubano riunito a Miami, in occasione della conferenza “Salvare Cuba”, organizzata dal Direttorio Democratico Cubano (DDC) per il suo 35° anniversario.

“Il Venezuela è finalmente molto vicino a conquistare la libertà, e poi andremo insieme a Cuba e Nicaragua,” ha affermato la leader che è riuscita ad unire l'opposizione al regime di Nicolás Maduro e infliggergli una sconfitta schiacciante nel luglio del 2024, durante le elezioni presidenziali in cui alla fine si proclamò vincitore il chavismo, in un movimento denunciato massicciamente come fraudolento.

L'incontro, che si tiene questo sabato al Big Five Club di Miami, riunisce leader politici, congressisti statunitensi, attivisti cubani e voci internazionali decisi a tracciare una strategia di cambiamento democratico nell'isola, in mezzo a quella che gli organizzatori definiscono "la peggiore crisi umanitaria della sua storia".

Machado, in un messaggio registrato, ha ringraziato il sostegno dei congressisti statunitensi presenti all'incontro —tra cui María Elvira Salazar, Mario Díaz-Balart e Carlos Giménez—, ai quali ha attribuito il titolo di “alleati della causa democratica in tutta la regione”. La leader ha sottolineato che il Venezuela vive un momento decisivo dopo “26 anni di lotta continua” contro ciò che ha definito “un regime criminale e narcoterrorista”.

“ oggi il nostro paese è vicino a essere libero. E quando ciò accadrà, andremo immediatamente a Cuba e in Nicaragua per costruire una regione libera da comunismo, narcoterrorismo e tirannie,” ha sottolineato l'oppositore, che ha denunciato la persecuzione di attivisti, le sparizioni forzate e l'esistenza di oltre 800 prigionieri politici nel suo paese.

Un'offensiva diplomatica contro il regime cubano

Secondo Diario de las Américas, l'evento “Salvare Cuba” mira a consolidare un movimento di “salvezza nazionale” che unisca i cubani dentro e fuori dall'isola, rafforzato da alleanze internazionali. Orlando Gutiérrez-Boronat, coordinatore del DDC e dell'Assemblea della Resistenza Cubana, ha avvertito che l'obiettivo è “liberare Cuba dal regime che la opprime” e ha invitato a intensificare la pressione politica e diplomatica.

Tra gli ospiti internazionali spicca Björn Söder, parlamentare svedese che ha promosso in Europa la sospensione dei fondi dell'Unione Europea al governo cubano, così come Rosa María Payá, direttrice di Cuba Decide, che continuerà la linea d'azione avviata da suo padre, Oswaldo Payá, oppositore e leader del Movimento Cristiano di Liberazione, assassinato dal regime cubano, secondo indagini indipendenti e rapporti della Commissione Interamericana per i Diritti Umani.

El DDC ha ricevuto inoltre il sostegno della Fondazione Reformismo21 della Spagna, il cui presidente, Pablo Vázquez, ha riconosciuto "la fermezza dell'impegno nella difesa dei diritti umani e nella transizione pacifica verso la democrazia a Cuba".

Una società civile matura che chiede di salvare Cuba

La conferenza “Salvare Cuba” si tiene in un momento in cui la società civile all'interno dell'isola ha raggiunto una maturità senza precedenti. Le proteste del 27 novembre del 2020 di fronte al Ministero della Cultura, promosse da giovani artisti e membri del Movimento San Isidro, hanno segnato un punto di svolta nella resistenza pacifica all'autoritarismo.

Quella seme di inconformità è germogliato con forza l'11 luglio 2021 (11J), quando migliaia di cubani in oltre cinquanta località sono scesi in strada gridando "libertà" e "patria e vita", nella maggiore ondata di manifestazioni antigovernative degli ultimi sei decenni.

Da allora, nonostante la repressione e l'incarcerazione di centinaia di cittadini, nuove espressioni di dissenso si sono moltiplicate. Famiglie di prigionieri politici, giornalisti indipendenti, artisti e sacerdoti cattolici hanno alzato la voce contro la crisi e la violenza di Stato, dimostrando che la paura ha smesso di essere un argine assoluto di fronte al desiderio di cambiamento.

Declaraciones como la de los “sei passi per salvare Cuba” surgida en Camagüey, o i messaggi pastorali dei vescovi cattolici che chiedono trasformazioni strutturali, son la prueba de que la sociedad cubana debate hoy un proyecto de país más allá de los límites impuestos por el régimen.

Questo risveglio interiore si collega a un esilio che, dopo decenni di resistenza, si articola sempre di più in iniziative collettive come la Asamblea de la Resistencia Cubana, Cuba Decide, e Ciudadanía y Libertad, tra le altre.

La confluenza di entrambe le sponde sta generando una visione condivisa di nazione, dove l'esigenza di liberazione dei prigionieri politici, il rispetto delle libertà fondamentali e la convocazione di elezioni libere costituiscono punti di consenso.

“Salvar a Cuba” non è più solo un motto degli esiliati, ma anche un grido dei cubani all'interno dell'isola che hanno dimostrato capacità di organizzazione, creatività politica e volontà di sacrificio.

Quella maturità, forgiata nell'avversità, si orienta verso uno scenario in cui il cambiamento democratico non è concepito come un atto esterno, ma come la costruzione condivisa di una nazione libera e plurale, nata dalla resistenza del proprio popolo.

Una causa comune

Machado ha concluso il suo intervento con un messaggio di unità regionale: “È la stessa causa per Cuba e Venezuela. Non c'è nulla di più potente di un popolo che ha deciso di essere libero. Viva Cuba libera, viva Venezuela libero”.

Con questa dichiarazione, l'oppositrice venezuelana ha allineato la lotta del suo paese con quella dell'esilio cubano, rafforzando l'idea che la caduta del chavismo potrebbe aprire un nuovo ciclo politico in America Latina.

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