Cresce la preoccupazione nel regime cubano per l'agenda di Mike Hammer e i suoi contatti con la società civile

Il regime cubano ha intensificato i suoi attacchi contro Mike Hammer, diplomatico degli Stati Uniti, a causa della sua strategia di dialogo diretto con la società civile, che sfida la narrativa ufficiale e mette in luce la debolezza del sistema.

Michel Torres Corona e Johana Tablada de la TorreFoto © Captura de video Facebook / Con Filo

Il regime cubano ha intensificato i suoi attacchi mediatici contro Mike Hammer, capo della missione diplomatica degli Stati Uniti a L'Avana, riflettendo una crescente preoccupazione per la strategia di diplomazia diretta e aperta che il funzionario americano ha attuato fin dal suo arrivo sull'isola.

Nell'ultima trasmissione del programma ufficialista Con Filo, il suo presentatore, Michel Torres Corona, ha dedicato un lungo segmento a screditare il suo operato, definendolo cinico e accusandolo di essere un emissario della "politica di soffocamento" di Washington.

Hammer ha effettuato nelle ultime settimane un percorso notevole in vari punti del paese, incontrando non solo attori istituzionali, ma —e questo è ciò che infastidisce di più il regime— anche oppositori, attivisti e cittadini comuni, nel tentativo di promuovere un dialogo inclusivo con la società civile cubana.

Lo che per qualsiasi diplomatico rappresenta un'azione basilare del suo mandato, nel contesto cubano diventa un gesto sovversivo, capace di disturbare profondamente un'élite al potere indebolita, rinchiusa nella propria narrativa e divorziata dal sentire popolare.

Il tono dell'attacco in Con Filo era sarcastico, ma il fondo del messaggio non nascondeva l'allerta. "Si aggira liberamente per le nostre strade, si riunisce con chi la pensa come lui, fa finta di essere preoccupato… ma rappresenta l'impero che ci soffoca", ha detto il presentatore in un discorso colmo di cinismo.

Perché -si chiese Torres Corona-, se Cuba fosse realmente una dittatura, come riconosce Hammer, come mai può muoversi liberamente, senza repressione né manifestazioni di ripudio? Quel contrasto, che il programma cercò di sfruttare in tono burlesco, è proprio ciò che evidenzia maggiormente la debolezza del sistema cubano.

Mientras Gabriela Fernández o il spia Fernando González Llort subiscono fischi e proteste in paesi democratici, Hammer può parlare e camminare a Cuba senza essere aggredito né insultato, ha ragionato il portavoce della dittatura.

Il rispetto per l'integrità fisica di Hammer non proviene dalla tolleranza o dalle leggi, ma dal desiderio del regime di evitare scandali diplomatici che possano ulteriormente aggravare la sua già compromessa immagine internazionale.

Il momento è particolarmente delicato. L'arrivo al potere di Donald Trump ha generato un clima di incertezza, in cui il regime cubano spera in un esito che garantisca la continuità al potere, sia attraverso il licenziamento del Segretario di Stato, il cubanoamericano Marco Rubio, sia per mezzo del dialogo tra Washington e Mosca che il repubblicano favorisce con l'alleato strategico di La Habana, Vladimir Putin.

Dal Palazzo della Rivoluzione si teme che il ciclo di inasprimento delle sanzioni possa riprendere vigore, soprattutto se si percepisce che Cuba ostacola gli sforzi diplomatici di figure come Hammer.

La crisi strutturale che attraversa il paese —con blackout, scarsità di carburante, inflazione galoppante, esodo di massa e crescente malcontento sociale— ha eroso gravemente la legittimità del regime, che sopravvive più grazie a un controllo coercitivo che per il sostegno dei cittadini.

In questo contesto, la presenza di un diplomatico americano che dialoga con “il popolo reale” —quello che il potere cerca di ignorare o silenziare— rappresenta una minaccia diretta al monopolio narrativo di La Habana.

Per quanto riguarda le dichiarazioni nello stesso programma di Johana Tablada de la Torre, vice direttrice per gli Stati Uniti presso il ministero delle Relazioni Estere (MINREX), ha approfondito la linea ufficiale: ha accusato Hammer di guidare uno “sforzo disperato” per fabbricare pretesti che giustifichino nuove aggressioni.

Tuttavia, le sue parole hanno anche evidenziato l'isolamento del discorso ufficiale, che continua a parlare di “blocco” e “dominazione imperiale” mentre ignora che queste spiegazioni non convincono più la maggior parte dei cubani, che le considerano scuse e giustificazioni ipocrite e immorali.

En mezzo a questo scenario imprevedibile, la strategia di Mike Hammer non solo ha messo nervoso il regime, ma ha restituito qualcosa che a Cuba sembrava estinto: l'esercizio attivo della diplomazia pubblica. Una diplomazia che cammina per le strade, ascolta senza filtri e documenta la vita reale dei cubani, oltre gli studi televisivi del potere.

La crociata contro Hammer: Il regime attiva la sua macchina del discredito

Quando Mike Hammer iniziò a percorrere i quartieri, sedersi a giocare a domino con i giovani, conversare con madri, attivisti, artisti e dissidenti, in silenzio si accesero gli allarmi nell'apparato del potere cubano.

L'immagine del diplomatico americano che sorride tra cubani comuni non solo contrastava con il discorso ufficiale, ma lo sfidava frontalmente. E come spesso accade a Cuba quando qualcuno tocca i limiti del controllo, il regime ha reagito con tutto il suo arsenale.

Pero la critica non è rimasta nel set di Con Filo. Dai corridoi del MINREX, Tablada ha preso il microfono e lo ha accusato di ingerenza, ipocrisia e di far parte di la presunta "guerra cognitiva" che il Dipartimento di Stato conduce contro il regime cubano.

Inoltre, lo ha accusato di guidare una “gira ridicola” per costruire un'immagine falsa di amicizia mentre – secondo lei – applicava nuove forme di aggressione. Ha parlato di “liste di cubani preferiti” create dall'ambasciata, a cui veniva riservato un trattamento da “vera voce del popolo cubano”.

Il messaggio era chiaro: qualsiasi cubano che parlasse con Hammer veniva automaticamente contrassegnato come sospetto.

La macchina si completò con l'attacco più virulento e simbolicamente più rivelatore: prendendo come punto di partenza le accuse di Tablada de la Torre,  Lis Cuesta Peraza, moglie del mandatario Miguel Díaz-Canel, lo ha definito pubblicamente “senza vergogna e infelice” sui social media.

Fue un atto insolito, quasi personale, che ha messo in evidenza fino a che punto il nome di Hammer dia fastidio nei circoli di potere. “Schifo di esseri” ha concluso la funzionaria del ministero della Cultura, rivelando il senso di nausea che le provocano quelle persone che alzano la voce per denunciare il regime totalitario che governa suo marito, designato dal dittatore Raúl Castro.

Alla campagna si sono uniti giornalisti ufficialisti, twittatori militanti, figure della vecchia guardia e membri del corpo diplomatico cubano, tutti ripetendo una narrativa già conosciuta: quella del nemico esterno che trama, infiltra e manipola.

Tuttavia, questa volta non si trattava di un piano segreto, ma di una diplomazia visibile, documentata e pubblica. E questa trasparenza fu, paradossalmente, ciò che irritò di più.

Porque mentre Hammer cammina senza scorta per le strade di Cuba, ascolta senza filtri e pubblica senza paura, il regime si barrica dietro telecamere, copioni e frasi fatte. E in questa differenza risiede il vero potere del suo gesto: parlare con i cubani, senza intermediari, è oggi a Cuba un atto di sfida.

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Redazione di CiberCuba

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