L'Avana sfida Kiev per le denunce di mercenari cubani: “Tutti sanno che è una menzogna.”

Recentemente Kiev ha affermato che “non c'è alcuna discussione sulla partecipazione di mercenari cubani nella guerra” e ha accusato il regime di La Habana di “non fare abbastanza per fermare il reclutamento sistematico” dei suoi cittadini da parte di Mosca.

Volodimir Zelenski e Bruno Rodríguez ParrillaFoto © X / @ZelenskyyUa - @BrunoRguezP

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Il ministro degli Affari Esteri di Cuba, Bruno Rodríguez Parrilla, ha dedicato la sua conferenza stampa di mercoledì a screditare le accuse di Washington e a denunciare quella che ha definito “una campagna calunniosa e menzognera” del Dipartimento di Stato.

Secondo il cancelliere del regime cubano, gli Stati Uniti starebbero facendo pressione e ingannando diversi paesi per alterare il voto nella prossima sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU, dove si discuterà la risoluzione annuale contro l'embargo.

Cattura dello schermo Facebook / Johana Tablada

Rodríguez Parrilla ha affermato che l'amministrazione di Donald Trump “intimida e ricatta” i governi latinoamericani ed europei, e ha mostrato quello che ha descritto come “lettere minatorie” inviate da diplomatici statunitensi.

“Non è diplomazia, è estorsione. Vogliono distrarre il mondo dal crimine del blocco e fabbricare pretesti per giustificare la loro politica ostile nei confronti di Cuba”, ha dichiarato.

Pero il ministro ha anche colto l'occasione della sua intervento per negare in modo categorico le accuse riguardanti l'invio di mercenari cubani nella guerra in Ucraina, definendole “menzogne assurde”.

“Fino a 20.000 cittadini cubani sono stati reclutati, dicono. Tutti sanno che è una menzogna”, ha affermato Rodríguez Parrilla, in riferimento diretto a un cablo diplomatico statunitense trapelato a Reuters e alle dichiarazioni del governo di Kiev.

Doppio fronte: Washington e Kiev

La smentita arriva appena una settimana dopo che il Ministero della Difesa ucraino, attraverso il progetto umanitario Quiero Vivir, ha affermato che migliaia di cubani combattono insieme all'esercito russo.

Kiev ha affermato che “non c'è alcun dubbio sulla partecipazione di mercenari cubani nella guerra” e ha accusato il regime di La Habana di “non fare abbastanza per fermare il reclutamento sistematico” dei suoi cittadini da parte di Mosca.

Secondo il progetto, oltre 1.000 cubani hanno firmato contratti formali con le Forze Armate russe, mentre l'intelligence ucraina stima il numero a più di 5.000 combattenti.

I dati si basano su contratti, elenchi di nomi e testimonianze di prigionieri cubani catturati al fronte orientale, nonché su denunce di familiari che si sono rivolti al programma Quiero Encontrar per localizzare i loro parenti scomparsi.

Le dichiarazioni del cancelliere cubano contraddicono direttamente le affermazioni del governo ucraino e la documentazione accumulata da organi di informazione internazionali e organismi indipendenti.

Investigazioni di Reuters, The Wall Street Journal, BBC e CiberCuba hanno verificato l'esistenza di voli regolari Mosca–Varadero, così come di reti di intermediari cubani e russi che hanno operato nell'isola dal 2023.

Incluso il Rapporto sulla tratta di persone 2025 (TIP Report) del Dipartimento di Stato classifica il reclutamento di cubani per la guerra come una forma di tratta sponsorizzata dallo Stato, simile al sistema delle missioni mediche.

Secondo il documento, il regime cubano “ha facilitato attivamente l'uscita dei suoi cittadini con fini di sfruttamento militare”, accelerando il rilascio dei passaporti e omettendo i timbri migratori.

Negazione e isolamento

Nonostante le evidenze, Rodríguez Parrilla ha insistito che le denunce fanno parte di una “campagna intossicante” per “minare il sostegno storico” che Cuba riceve all'ONU.

“Cercano di intimidire i paesi affinché cambino il loro voto, ma la comunità internazionale non si lascerà ingannare”, ha assicurato, anticipando che il 29 ottobre “Cuba tornerà a vincere nell'Assemblea Generale”.

Tuttavia, nei circoli diplomatici si percepisce un crescente nervosismo a L'Avana. Per la prima volta dal 1992, il voto sull'embargo avverrà sotto accuse documentate di complicità militare con la Russia, una situazione che potrebbe fratturare il consenso quasi unanime che tradizionalmente sostiene la risoluzione cubana.

Contesto geopolitico avverso

Il confronto con Kiev avviene inoltre in un momento di alta tensione regionale. Washington ha reattivato una politica di aree di influenza che mira a contenere gli alleati di Mosca nell'emisfero.

Il Comando Sud statunitense ha svolto manovre contro il traffico di droga nei Caraibi insieme alla Repubblica Dominicana e Barbados, mentre intensifica la pressione su Venezuela e Nicaragua, i partner politici più vicini a La Habana.

In questo scenario, Cuba è esposta come un elemento chiave dell'asse Mosca–Caracas–Managua, dipendente dal petrolio venezuelano e dal finanziamento russo. La riduzione delle spedizioni di greggio e la crisi energetica interna —che il regime attribuisce all'embargo— aggravano la percezione di debolezza e contraddicono il suo discorso di resistenza.

La narrativa del “bloqueo” in discussione

Mentre Rodríguez Parrilla insiste sul fatto che "il blocco è la causa principale dei problemi dell'economia cubana", i dati ufficiali rivelano un'altra realtà.

Solo nel 2024, Cuba ha importato oltre 370 milioni di dollari in alimenti e prodotti agricoli dagli Stati Uniti, oltre a beni di consumo e attrezzature mediche provenienti da Europa e Canada.

Lungi da un blocco totale, il commercio estero cubano è limitato più dall'inefficienza statale e dalle restrizioni interne che dalle sanzioni esterne.

A pochi giorni dal voto, l'offensiva diplomatica dell'Avana cerca di recuperare il controllo sulla narrativa. Ma l'eco di Kiev e le evidenze di Washington la pongono di fronte a un dilemma inedito: non si tratta più soltanto di difendere la risoluzione contro l'embargo, ma di giustificare il proprio discredito internazionale.

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Iván León

Laureato in giornalismo. Master in Diplomazia e Relazioni Internazionali presso la Scuola Diplomatica di Madrid. Master in Relazioni Internazionali e Integrazione Europea presso l'UAB.