Incrocio diplomatico tra Díaz-Canel e Washington alla vigilia del voto all'ONU sull'embargo

“Neppure lei deve credere alle sue menzogne sempre più sfacciate. Non esiste un ‘blocco’ per il suo paese; se così fosse, come arriverebbe tutto quel petrolio messicano e quegli turisti tedeschi e canadesi?”, rispose Christopher Landau a una pubblicazione di Miguel Díaz-Canel.

Miguel Díaz-Canel e Christopher LandauFoto © Wikipedia - X / @DeputySecState

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La confrontazione diplomatica tra L'Avana e Washington è escalata questo giovedì sui social network, quando il governante cubano Miguel Díaz-Canel e il sottosegretario di Stato degli Stati Uniti, Christopher Landau, hanno protagonizzato uno scambio pubblico tramite X (ex Twitter) riguardo l'incombente votazione nell'Assemblea Generale dell'ONU che affronterà, ancora una volta, la risoluzione contro l'embargo americano.

Il governo degli Stati Uniti esercita pressioni e inganna diversi paesi affinché cambino la loro posizione tradizionale contro il blocco”, ha scritto Díaz-Canel, ripetendo il discorso del ministro degli Esteri Bruno Rodríguez Parrilla durante la sua recente conferenza stampa a L'Avana.

Captura de pantalla X / @DiazCanelB

Temono ciò che accadrà: il rifiuto dell'assoluta maggioranza della comunità internazionale alla sua politica genocida e di soffocamento economico contro Cuba, aggiunse anche il primo segretario del Partito Comunista.

La risposta dell'alto funzionario statunitense è arrivata poche ore dopo, con un tono inusualmente diretto.

Captura di schermo X / @DeputySecState

Neanche lei dovrebbe credere alle sue menzogne sempre più sfacciate. Non esiste un ‘blocco’ per il suo paese; se fosse così, come arriverebbe tutto quel petrolio messicano e quei turisti tedeschi e canadesi?”, rispose Landau al leader della cosiddetta “continuità”.

L'unico genocidio che esiste laggiù è quello che voi commettete contro il vostro stesso popolo, sottoponendolo alla fame e alla miseria a causa delle vostre politiche comuniste. E parlando di voti, se siete così orgogliosi della vostra gestione degli ultimi 66 anni, perché non permettete al vostro stesso popolo di votare?”, chiese l'alto funzionario.

Il messaggio di Landau —sottosegretario di Stato e braccio destro di Marco Rubio al Dipartimento di Stato— ha generato un forte impatto mediatico e ha messo in evidenza l’irrigidimento del discorso di Washington nei confronti del regime cubano.

Un conflitto in piena offensiva diplomatica

L'interscambio avviene a meno di una settimana dalla votazione annuale sulla risoluzione intitolata “Necessità di porre fine al blocco economico, commerciale e finanziario imposto dagli Stati Uniti d'America contro Cuba”, che si terrà il 28 e 29 ottobre nell'Assemblea Generale dell'ONU.

In questa edizione, tuttavia, il contesto è molto diverso. Washington ha attivato una strategia internazionale per rompere il consenso quasi unanime che per tre decenni ha sostenuto Cuba, ora legato allo scandalo dei mercenari cubani al servizio della Russia nella guerra in Ucraina.

Un cavo diplomatoco filtrato da Reuters ha rivelato che il Dipartimento di Stato ha istruito le proprie ambasciate a persuadere i governi alleati a votare contro o a astenersi, argomentando che il regime cubano è “complice attivo dell'aggressione russa” e “usa i propri cittadini come pedoni di guerra”.

La narrativa del “bloqueo” si sgretola

La risposta di Landau ha riflesso anche il cambiamento comunicativo di Washington, che cerca di smontare il racconto del “blocco genocida” con dati concreti: gli Stati Uniti rimangono uno dei principali fornitori di alimenti, medicinali e prodotti di prima necessità per Cuba, nonostante le sanzioni.

Secondo le cifre del Dipartimento dell'Agricoltura (USDA), solo nel 2024 Cuba ha importato oltre 370 milioni di dollari in prodotti agricoli statunitensi, inclusi pollo, grano e mais, mentre il commercio di forniture mediche e farmaceutiche è rimasto stabile.

Inoltre, le Mipymes cubane importano automobili, camion, e moto, oltre a container pieni di elettrodomestici, macchinari, ricambi e tecnologia da paesi della NATO senza reali ostacoli, smontando così il mito del totale isolamento.

In contrasto, l'isola mantiene proibizioni interne, censura, un rigoroso controllo valutario e ostacoli burocratici che soffocano il proprio settore privato. Per Washington —e buona parte della comunità internazionale— il vero assedio è interno: un sistema politico che impedisce la libertà economica e politica dei suoi cittadini.

Contesto regionale avverso

La disputa diplomatica riflette anche un riassetto geopolitico nell'emisfero. Dalla sua rielezione, il presidente Donald Trump ha promosso una dottrina di zone di influenza che mira a contenere i regimi alleati di Mosca, Pechino e Teheran in America Latina.

Nelle ultime settimane, il Comando Sud ha dispiegato manovre navali nei Carabi insieme alla Repubblica Dominicana e Barbados, e ha rafforzato la sua presenza di fronte alle coste venezuelane.

Il regime di Nicolás Maduro —fonte del petrolio sovvenzionato che sostiene Cuba— è sotto crescente pressione internazionale a causa delle sue connessioni con il narcotraffico, mentre il Nicaragua affronta sanzioni per violazioni dei diritti umani e cooperazione con la Russia e l'Iran.

Questo ambiente regionale ostile lascia L'Avana senza margini di manovra e con un timore evidente: che l'ONU smetta di essere il palcoscenico dove il suo discorso da vittima ottiene applausi e torni a diventare il luogo dove si misura il suo isolamento.

Un messaggio tra le righe

La risposta di Landau non solo ha disarmato la narrativa dell'embargo, ma ha anche rivelato il cambiamento di tono della politica estera statunitense: da una contenzione passiva al richiamo diretto del regime come responsabile della miseria nazionale e della repressione politica.

Mentre Díaz-Canel insiste nel dare la colpa a Washington per la crisi, le prove indicano verso l'interno.

E, alla vigilia del voto all'ONU, lo scambio di tweet tra i due funzionari riassume ciò che è in gioco nell'arena diplomatica:

Cuba cerca di mantenere viva la favola del “blocco genocida”; gli Stati Uniti, al contrario, cercano di dimostrare che l'unico blocco che esiste è quello che il regime totalitario impone al proprio popolo.

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