Il regime cubano intensifica la repressione contro la società civile e la stampa indipendente.

Una ventina di giornalisti, scrittori e gestori culturali sono stati chiamati a testimoniare per ore e sono stati costretti a rinunciare al loro lavoro in confessioni registrate o pubblicate sui social media, sotto pena di essere accusati di "mercenarismo".

CiberCuba © Oleada de detenciónes a periodistas en Cuba.
CiberCubaFoto © Oleada di arresti di giornalisti a Cuba.

Villa Marista sta ultimando il suo prossimo 'show' televisivo. Circa una ventina di giornalisti e collaboratori della stampa indipendente cubana, molti di loro attivi, ma ci sono anche quelli disconnessi dai media non ufficiali da due anni, sono stati convocati a testimoniare come testimoni in un presunto caso di "mercenarismo".

Si tratta di un reato previsto nel Codice Penale del regime di Miguel Díaz-Canel, negli articoli 135 e 143. In quest'ultimo sono previste pene fino a dieci anni di carcere per ricevere finanziamenti stranieri.

Oltre ai giornalisti, ci sono gestori di progetti sociali, imprenditori, attivisti e creatori di contenuti, secondo quanto pubblicato da El Toque. Tutti sono stati convocati a testimoniare in un presunto processo di indagine su attività orchestrate dagli Stati Uniti contro l'ordine costituzionale dell'Isola.

Tra questi "testimoni" ci sono collaboratori di Periodismo de Barrio e Cubanet. Tra i pochi casi noti con nome e cognome c'è quello della giornalista María Lucía Expósito, che ha denunciato sui social di un amico, poiché il suo profilo è disabilitato, di aver subito un interrogatorio di sei ore e di averle confiscato mille dollari e il suo telefono cellulare.

La pressione è tale che José Luis Tan Estrada, di Cubanet, è arrivato a ritenere responsabile il regime di tutto ciò che gli accadesse, "di fronte all'escalation repressiva della Sicurezza dello Stato".

Sono stati interrogati anche l saggista Alexander Hall e lo scrittore Jorge Fernández Era, entrambi collaboratori di El Toque; Raymar Aguado e il direttore della rivista Magazine AM:PM, che ha dovuto chiudere temporaneamente durante l'arresto e così lo ha spiegato il suo team nel suo profilo Facebook, sottolineando "gli ostacoli" che stavano affrontando, compresa "la pressione e le molestie" al suo direttore.

Le prime rinunce a collaborare con i media indipendenti sono già cominciate a vedersi sui social media. È il caso di Yadira Álvarez Betancourt, Yennys Hernández Molina e Annery Rivera Velasco, che hanno annunciato sui loro profili Facebook di disconnettersi dal giornalismo, in alcuni casi "per motivi di salute".

Non sanno chi si sta investigando.

Il problema è che quelle persone chiamate a testimoniare non sanno contro chi è diretta la presunta causa penale aperta e qui entra in gioco la macchina di estorsione della mal chiamata Sicurezza dello Stato, che fa pressione sulle persone interrogate per farle scegliere se vogliono continuare a essere testimoni o se rischiano di essere imputate nella causa.

Su chi viene chiamato a testimoniare grava il "delitto" di aver partecipato a programmi di formazione, che includono stipendi, per l'esecuzione di progetti, qualcosa che il sistema inquisitore di Villa Marista fa loro credere sia un reato, anche se si tratta di una situazione completamente normale in democrazia. Al contrario, nel regime di Díaz-Canel, lo considerano un reato.

Secondo quanto riporta El Toque, gli interrogatori apportano a malapena prove e quando ci sono, è perché sono state ottenute illegalmente grazie all'intervento delle comunicazioni, grazie al monopolio comunista di ETECSA. Di fronte a questa situazione, gli agenti della mal chiamata Sicurezza dello Stato spingono i testimoni a auto-incriminate e in questo modo fraudolento ottengono ciò che non avevano mai avuto: un colpevole del crimine di mercenarismo.

In quegli interrogatori ci sono grida, minacce e si costringe i "testimoni" a firmare un documento in cui ammettono di aver seguito corsi di formazione finanziati dall'estero, ignorando che, come tutti sanno, la povertà a Cuba è così estrema che non ci sono fondi per questo tipo di attività completamente normali in una democrazia.

Coloro che hanno subito questi interrogatori sono costretti a rinunciare al giornalismo indipendente e a qualsiasi programma di formazione finanziato dall'estero. In alcuni casi, infatti, sono stati costretti a registrare le proprie confessioni in video.

Come è abituale nel regime cubano, questi materiali audiovisivi verranno trasmessi prima o poi in televisione ufficiale, in programmi che cercano di screditare la società civile cubana e presentare i giornalisti e gli informatori come agenti del nemico, un argomento che, per quanto ripetitivo, a questo punto manca di credibilità.

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Tania Costa

(La Habana, 1973) vive in Spagna. Ha diretto il quotidiano spagnolo El Faro de Melilla e FaroTV Melilla. È stata caporedattrice dell’edizione murciana di 20 minuti e consulente di Comunicazione della Vicepresidenza del Governo della Murcia (Spagna).


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