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Zohran Mamdani, il giovane membro dell'assemblea statale che ha fatto storia diventando il primo musulmano a ottenere la nomination democratica per la carica di sindaco di New York, ha assicurato che, se raggiunge l'incarico, la sua priorità sarà difendere la comunità immigrata da possibili retate e politiche repressive.
In un'intervista con Telemundo, il politico di 33 anni, di origine ugandese e indiana, ha avvertito che è “inevitabile” che Trump cerchi di dispiegare la Guardia Nazionale a New York per inseguire i senza documenti, ma ha sottolineato che non li considera stranieri, bensì parte essenziale del tessuto della città.
“Continuiamo a parlare di newyorkesi quando parliamo di immigrati nella nostra città,” ha sottolineato, come riportato dal reporter Damián Bonmatí.
Mamdani ha detto che si sentirebbe orgoglioso di essere il primo sindaco immigrato della città “da generazioni”. Durante la campagna è diventato virale per aver lanciato un video completamente in spagnolo, nonostante riconosca di padroneggiarlo appena.
“Questo è qualcosa che molti immigrati abbiamo in comune”, disse tra risate. Spiegò di aver accettato di registrarlo perché furono le “nonne” dei sostenitori a chiederglielo e promise di ripetere l'esperienza prima delle elezioni.
Il candidato ha anche confessato che le minacce contro di lui sono aumentate dopo l'omicidio di un attivista nella città, costringendo il suo team a rinforzare la sicurezza. Tuttavia, ha assicurato che continuerà a portare avanti un discorso che mescola giustizia sociale e vicinanza alle comunità latine.
La sua prospettiva su Cuba e Venezuela
Uno dei punti più delicati dell'intervista è arrivato quando gli è stato chiesto se considera Cuba e Venezuela regimi autoritari.
In passato, Mamdani aveva evitato di dare una risposta chiara, ma ora è stato categorico:
“La mia critica e la mia descrizione derivano dall'incarcerazione di dissidenti politici, dalla repressione della stampa libera e da ciò che vediamo in tante persone dove la dignità non fa sempre parte delle loro vite”, ha detto a Telemundo.
Con questa dichiarazione, il democratico socialista ha preso le distanza da governi come quello cubano, mentre cercava di avvicinarsi agli elettori latini, tra cui una numerosa comunità cubana che segue da vicino la politica locale e nazionale degli Stati Uniti.
Una contesa dal sapore latino
La corsa per la carica di sindaco di New York ha un evidente accento migrante. Mentre Mamdani guida i sondaggi con proposte progressiste che includono trasporto pubblico gratuito e congelamento degli affitti, uno dei suoi principali rivali è l'imprenditore cubanoamericano Joseph Hernández, che ha lanciato la sua candidatura indipendente promettendo “ordine e sicurezza” e avvertendo contro l'“avanzata del comunismo”.
Il duello tra i due riflette non solo la diversità di New York, ma anche il confronto di visioni che mobilita milioni di immigrati, tra cui la diaspora cubana, che osserva da vicino come i temi di immigrazione, giustizia sociale e Cuba entrano a far parte della campagna elettorale della città più grande degli Stati Uniti.
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