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La profonda crisi economica e sociale che attraversa Cuba ha portato anche figure legate all'ufficialità a far sentire la propria voce in richiesta di trasformazioni urgenti.
Así lo ha fatto il giornalista Ayose Naranjo, exdirettore del quotidiano Girón, organo ufficiale del Partito Comunista di Matanzas, che ha pubblicato un testo sul suo profilo di Facebook denunciando l'estrema vulnerabilità in cui si trova la società cubana.
"Cuba è diventata una società vulnerabile. Così fragile e logora come le consigna che adornano ancora le istituzioni della città e che, ripetute per tanti anni, si consumano lettera dopo lettera, e alla minima brezza cadono, un bel giorno, come rami secchi," ha espresso Naranjo in un duro analisi della realtà del paese.
Il giornalista ha messo in discussione l'uso del termine "vulnerabile" come un eufemismo abusato dal governo della “continuità” di Miguel Díaz-Canel per descrivere la precarietà in cui vivono milioni di cubani a causa del suo “paquetazo” di misure economiche e decisioni politiche che, anziché rendere realtà il motto che “nessuno resterà abbandonato”, stanno aumentando la povertà e l'esclusione sociale a Cuba.
Nella sua riflessione, ha sottolineato che la crisi nell'Isola non è un fenomeno congiunturale, ma è stata prolungata e alla fine si è normalizzata. "Quando scrivo questo, temo che la brevità della parola ‘anni’ non riesca a esprimere l'angosciante cumulo di giorni e mesi che si moltiplicano quando si tratta di sopravvivere", ha affermato.
Naranjo ha affrontato la frattura sociale provocata dall'emigrazione di massa, con famiglie divise e case in cui le generazioni più anziane restano sole.
"Perché colpisce la ricorrenza degli incontri tra madri per parlarsi, consolarsi, sostenersi, perché i loro figli sono partiti ieri o partiranno domani. Allora una dice all’altra che fanno bene (…) e che supportano la sua decisione, tra le altre cose, perché sanno che il ragazzo è molto legato alla famiglia, e non appena arriverà - se arriverà, sia con la cittadinanza spagnola che per le strade dell’America Centrale - manderà subito un po’ di dollari e medicinali senza i quali, da questo lato, sarebbe impossibile programmare l’operazione del fratello o della nonna."
Ha anche denunciato la precarizzazione della gioventù cubana, con adolescenti dedicati a lavori informali, universitari che non possono sostenere i propri studi e professionisti altamente qualificati che devono ricorrere ad attività di sussistenza per sopravvivere. "Adolescenti dietro carrelli e bancarelle; giovani che non possono permettersi l'università; universitari che lavorano 12 ore senza riuscire a soddisfare le loro esigenze più elementari; non sono tutti, oggi, vulnerabili?".
"Colui che tagliava canna negli anni '70, colui che ha combattuto in Angola ed è tornato alcolizzato, ferito o traumatizzato; colui che ha sacrificato la propria vocazione per il bisogno del paese, il chirurgo che lavora di notte per esercitare la sua professione; l'insegnante che negli anni '90 ha scambiato l'insegnamento per gli hotel; il pensionato; il beneficiario di pensione; il malato; il caregiver, non sono tutti, oggi, vulnerabili?" chiese il giornalista, evidenziando la precarietà che attraversa diversi settori della società.
Nel suo testo, ha anche criticato la retorica governativa che insiste sulla resistenza come unica risposta alla crisi. "Invece di alternative, compaiono allora slogan che ci invitano alla resistenza come risposta, come modo di vivere, sorretti da evocazioni a eroi passati di fronte all'assenza di leader attuali, di fronte alla mancanza di politiche convincenti che possano seminare un po' di respiro, per quanto tenue possa essere".
Naranjo ha messo in discussione direttamente il discorso ufficiale sulla presunta vittoria rivoluzionaria: "Non esiste vittoria che possa essere considerata tale se si sostiene nell'agonia quotidiana, nella prolungazione della sussistenza per la maggior parte delle persone. Alla fine il tempo passa, e si succedono generazioni che vedono invecchiare i propri volti e le proprie aspirazioni, mentre superano le soglie della vulnerabilità".
Finalmente, ha chiarito la sua posizione affermando che il paese ha bisogno di "un cambiamento urgente, totale, efficace, subito". La sua dichiarazione ha avuto un forte impatto sui social media, dove molti cittadini hanno applaudito il suo coraggio, mentre altri hanno messo in evidenza la contraddizione che una critica di questa portata provenga da qualcuno che fino a poco tempo fa faceva parte di un mezzo ufficiale.
In un contesto di crescente malcontento popolare, il messaggio di Naranjo riflette l'esaurimento di un settore che fino ad ora aveva difeso il discorso governativo, ma che non può più ignorare la profondità della crisi che colpisce Cuba. Le sue parole hanno riacceso il dibattito sul futuro del paese e sull'urgenza di un cambiamento strutturale che permetta ai cubani di uscire dalla precarietà.
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