La repressione in Venezuela è aumentata in modo allarmante nel contesto delle elezioni presidenziali tenutesi il 28 luglio scorso, secondo un rapporto pubblicato martedì dalla Missione Internazionale Indipendente dell'ONU.
Il documento di 158 pagine accusa il regime di Nicolás Maduro di commettere crimini contro l'umanità nel periodo precedente, durante e dopo le elezioni, con l'intento di dichiararsi vincitore di elezioni fraudolente che, a tutte le luci, sono state vinte dall'opposizione.
Di spalle alla realtà e deciso a impiegare tutti i mezzi violenti a sua disposizione per impedire il cambiamento di regime in Venezuela, Maduro e i suoi scagnozzi hanno scatenato un'ondata di terrore che ha lasciato migliaia di vittime di torture, detenzioni arbitrari e scomparsi.
Impegnato a ignorare la volontà popolare che ha eletto Edmundo González Urrutia come presidente, con il sostegno della leader dell'opposizione María Corina Machado, l'usurpatore del potere e burattino di La Habana insiste che riprenderà possesso della presidenza il 10 gennaio 2025, nonostante il rifiuto nazionale e internazionale.
In questi quasi tre mesi, la comunità internazionale ha tentato senza successo di trovare una soluzione negoziata che consenta una fuoriuscita dal potere per Maduro e altri dirigenti chavisti, secondo El País.
Tuttavia, le tensioni interne all'interno del chavismo sembrano essere aumentate, soprattutto dopo che Maduro ha destituito i capi dei servizi di intelligence sia della branca civile, il Servizio Bolivariano di Intelligence Nazionale (SEBIN), sia di quella militare, la Direzione Generale di Controintelligence Militare (DGCIM).
Questo movimento ha sorpreso anche i sostenitori del governo, che vedono in questi cambiamenti un segnale di frattura nella dirigenza chavista, specialmente dopo la recente nomina di Diosdado Cabello come ministro delle Relazioni Interne, Giustizia e Pace.
La sconfitta elettorale del chavismo ha messo in evidenza una serie di problemi che il regime non ha saputo prevedere né controllare. La mancanza di un piano alternativo in caso di sconfitta ha aggravato la situazione, rivelando il fraudelento elettorale, ampiamente visibile, secondo l'ONU.
Repressione e fratture interne
Il rapporto dell'ONU si concentra sulla repressione brutale scatenata dalle forze di sicurezza venezuelane dopo le elezioni, con 25 vittime mortali confermate, centinaia di feriti e migliaia di arrestati per aver esercitato il proprio diritto alla libertà di espressione.
La Policía Nacional Bolivariana (PNB), la Guardia Nacional Bolivariana (GNB), insieme al SEBIN e al DGCIM, sono state accusate di commettere torture, omicidi, violenze e scomparse forzate, specialmente contro i membri del partito di opposizione, così come contro cittadini comuni che hanno espresso il loro malcontento per i risultati.
La ONU aveva già pubblicato un rapporto preliminare un mese fa che anticipava questi risultati. Tuttavia, questo nuovo documento sottolinea che la repressione non è stata un fenomeno isolato successivo al voto, ma era pianificata sin dall'inizio della campagna elettorale.
Durante le settimane precedenti, gli oppositori erano già perseguitati, gli osservatori internazionali respinti e denigrati, e le forze di sicurezza hanno commesso abusi che hanno ulteriormente offuscato la trasparenza del processo elettorale.
Il rapporto evidenzia anche le crescenti tensioni all'interno del chavismo. Uno degli episodi più significativi è stata la disautorizzazione pubblica del ministro degli Affari Esteri, Yván Gil, nei confronti del procuratore della nazione, Tarek William Saab.
Questi ultimi, un alleato chiave del regime sin dai tempi di Hugo Chávez, avevano accusato il presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, di essere stato manipolato dalla CIA. Tuttavia, Gil ha preso le distanze dal governo da quelle dichiarazioni, affermando che Saab aveva parlato "a titolo personale".
Questo tipo di scontri pubblici sono insoliti all'interno delle fila chaviste e riflettono le dissensioni interne dopo la sconfitta elettorale.
Persecuzione sistematica
La persecuzione in Venezuela ha raggiunto livelli allarmanti. La Missione dell'ONU ha rivelato che molte delle detenzioni sono state effettuate senza un ordine giudiziario e con accuse vaghe, come i reati di terrorismo, che impediscono ai detenuti di difendersi in modo adeguato.
La mancanza di giusto processo è generalizzata, con udienze tenute senza avvocati di scelta e a orari inopportuni. Inoltre, il rapporto denuncia che le abitazioni di persone percepite come oppositrici sono state contrassegnate con una "X" per facilitarne l'identificazione e la successiva repressione.
Un fenomeno particolarmente preoccupante segnalato dal rapporto è la detenzione di minori. L'ONU ha documentato la detenzione di 158 bambini e bambine durante o dopo le proteste, alcuni di loro accusati di reati gravi come il terrorismo.
Questo rappresenta una violazione flagrante dei diritti umani ed è stato condannato con veemenza dalla comunità internazionale.
Conclusioni del rapporto
Il rapporto dell'ONU rafforza l'idea che il regime di Maduro non solo ha manipolato le elezioni, ma ha anche intensificato la repressione per rimanere al potere a tutti i costi.
La comunità internazionale, nonostante i suoi sforzi, non è riuscita fino ad ora a fermare questa escalation autoritaria né a trovare una soluzione che permetta al Venezuela di recuperare la sua democrazia e uscire dall'isolamento internazionale.
La destituzione dei capi dell'intelligence e le fratture all'interno del chavismo sono segnali che il regime affronta importanti tensioni interne.
Tuttavia, la repressione continua a essere lo strumento principale del governo per contenere la dissidenza, il che pone il Venezuela in una situazione sempre più critica e in uno scenario di incertezza riguardo al futuro immediato.
I crimini contro l'umanità
I crimini di lesa umanità sono una categoria di reati gravi che si considerano di tale entità da influenzare l'umanità nel suo complesso.
A causa della sua gravità, il suo processo e la sua punizione non dipendono esclusivamente dai sistemi giudiziari nazionali, ma possono anche essere affrontati da tribunali internazionali.
La Corte Penale Internazionale (CPI) è il principale tribunale incaricato di giudicare crimini di lesa umanità, così come crimini di guerra, genocidio e crimini di aggressione.
La CPI può giudicare crimini di lesa umanità commessi nel territorio di uno Stato parte dello Statuto di Roma o da cittadini di quei paesi. Inoltre, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite può rinviare casi alla CPI, anche se i crimini sono stati commessi in paesi che non sono parte dello Statuto.
La Corte indaga e giudica individui, non Stati, il che significa che i responsabili diretti, come i leader politici e militari, possono essere portati davanti alla corte. Le indagini possono essere avviate d'ufficio, su denuncia degli Stati membri o attraverso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La CPI può imporre pene detentive fino a 30 anni o all'ergastolo, a seconda della gravità dei crimini. Non prevede la pena di morte. Oltre alla detenzione, la corte può ordinare risarcimenti alle vittime.
Nonostante i meccanismi disponibili, portare a termine processi per crimini contro l'umanità può essere un processo complicato.
Spesso, i perpetratori sono persone potenti con il controllo su governi o eserciti, il che rende difficile il loro arresto e il trasferimento alla CPI o ad altri tribunali. Inoltre, molti paesi non hanno ratificato lo Statuto di Roma, il che limita la capacità della CPI di agire in determinati contesti.
Venezuela e la Corte Penale Internazionale
Il Venezuela ha ratificato lo Statuto di Roma il 7 giugno 2000, diventando uno Stato parte della Corte Penale Internazionale. Questo significa che, in linea di principio, i crimini gravi commessi nel territorio venezuelano, compresi i crimini contro l'umanità, possono essere indagati e giudicati dalla CPI, a condizione che siano soddisfatti determinati criteri.
In effetti, nel 2018, la CPI ha aperto un'esame preliminare su possibili crimini contro l'umanità commessi in Venezuela a partire dal 2014, nel contesto delle proteste e della repressione contro gli oppositori del governo di Nicolás Maduro.
Questo esame preliminare è stato ampliato negli anni successivi per includere altri fatti relativi alla crisi umanitaria e politica nel paese.
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