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Il Banco Centrale di Cuba (BCC) ha riconosciuto questo mercoledì che il nuovo tasso di cambio ufficiale “non è ciò che molti si aspettavano”, facendo riferimento al rilancio del mercato dei cambi che è entrato in vigore il 18 dicembre e che fissa il dollaro a 410 pesos cubani (CUP) e l'euro a 481,42 CUP.
La ammissione è stata effettuata da Ian Pedro Carbonell, direttore delle Politiche Macroeconomiche del BCC, in dichiarazioni al media ufficiale Cubadebate, dove ha assicurato che la misura mira a “organizzare i flussi di valute e costituire un mercato ufficiale, trasparente e legale”, sebbene abbia riconosciuto che il nuovo schema non eliminerà immediatamente il mercato informale.
Il ridisegno del sistema cambiario fa parte del cosiddetto Programma di Stabilizzazione Macroeconomica promosso dal regime, che introduce tre segmenti con tassi ufficiali diversi. Secondo Carbonell, il nuovo modello “risponde alle condizioni reali dell'economia”, segnata dal calo del PIL, dalla scarsità di valute e da un deficit fiscale persistente. Tuttavia, la misura arriva tardi e con un intervento limitato, in un paese dove la popolazione da anni calcola il valore del peso cubano secondo il mercato informale.
Lontano dal correggere le distorsioni, il tasso di cambio ufficiale si avvicina al prezzo di strada, convalidando di fatto il valore che per anni ha imposto il mercato parallelo. Il mezzo indipendente elTOQUE riporta oggi il dollaro a 440 CUP e l'euro a 480 CUP, cifre praticamente identiche a quelle pubblicate dalla Banca Centrale e da CADECA. Questo inusuale avvicinamento mette in evidenza che il governo non è riuscito a imporre un tasso di cambio realista senza ricorrere al riferimento dell'economia sommersa. Il “nuovo mercato cambiario flottante” non combatte l'informalità: la assimila e la ufficializza sotto controllo statale.
La stessa presidente della Banca Centrale, Juana Lilia Delgado, ha annunciato la misura durante una comparsa televisiva, in cui ha presentato il nuovo schema a tre segmenti e ha difeso l'introduzione di un tasso flottante “per recuperare la capacità d'acquisto del peso cubano”. Tuttavia, i risultati mostrano un'altra realtà: il tasso ufficiale si colloca praticamente al livello del mercato informale, il che implica un riconoscimento implicito del fallimento della politica valutaria precedente.
Con la nuova tariffa di 410 pesos per dollaro, il salario medio nazionale, fissato a 6.685,3 CUP, equivale appena a 16,30 dollari mensili, un incremento insignificante rispetto allo scenario precedente. Il salario minimo, di 2.100 CUP, rappresenta 5,12 dollari al tasso ufficiale e 4,77 al tasso informale, collocandosi tra i più bassi dell'America Latina. Il salario medio cubano, da parte sua, sale di un dollaro dopo l'entrata in vigore della nuova tariffa, mentre i prezzi degli alimenti, dei medicinali e dei prodotti di base continuano ad essere espressi in Moneta Liberamente Convertibile (MLC), inaccessibile per la maggior parte dei cubani.
L'economista Javier Pérez Capdevila ha recentemente stimato che vivere a Cuba costa più di 50.000 pesos mensili, circa otto volte il salario medio. “Il lavoro a Cuba non permette di vivere con dignità”, ha scritto sui suoi social, ricordando che il salario minimo “non copre neppure un decimo delle esigenze basilari di una famiglia media”.
La Banca Centrale ha insistito sul fatto che il tasso di cambio fluttuante sarà adeguato periodicamente e persino quotidianamente, in base alle condizioni di mercato, ma non ha spiegato come garantirà l'offerta di valute necessaria per sostenere il sistema. Per ora, lo stesso ente ammette che il nuovo mercato “ venderà solo ciò che acquista”, ovvero dipenderà dalla raccolta di dollari attraverso esportazioni, rimesse e vendite tramite CADECA.
Il risultato è uno schema che non restituisce fiducia al peso cubano né cambia la realtà di un'economia che continua a essere di fatto in dollari. Per la maggior parte dei cubani, il peso continua a perdere valore ogni giorno e il vero tasso di cambio continua a essere fissato per strada.
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