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La Contralora Generale della Repubblica di Cuba, Miriam Marbán González, guida la delegazione del regime che partecipa questa settimana all'XI Sessione della Conferenza degli Stati Parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la Corruzione (UNCAC).
L'evento, che si svolge a Doha, in Qatar, ha offerto l'occasione al governo di Miguel Díaz-Canel di proclamare nuovamente la sua presunta "politica di tolleranza zero" contro la corruzione.
Il ministero delle Relazioni Estere (MINREX) ha divulgato questo martedì un nota in cui si afferma che Cuba “riaffirma il suo impegno verso i principi della Convenzione” e con “un'amministrazione pubblica integra e al servizio del popolo”.
Tuttavia, dietro il discorso ufficiale si nasconde una contraddizione strutturale: il principale conglomerato economico del paese, GAESA, continua a essere blindato per legge contro qualsiasi forma di audit o di controllo indipendente.
La Contraloría Generale, creata nel 2009 e riformata nel 2022 tramite la Legge 158, ha perso ogni capacità di esaminare le operazioni delle Forze Armate Rivoluzionarie (FAR) e delle loro aziende.
Il cambiamento legale ha eliminato persino la parola "auditoría" in relazione alle istituzioni militari, lasciando nelle mani del presidente stesso la decisione riguardo ai possibili controlli interni.
In pratica, GAESA opera come uno Stato all'interno dello Stato, gestendo i settori più redditizi —turismo, commercio in valuta, telecomunicazioni, banche, immobili e rimesse— senza rendere conto all'Assemblea Nazionale né all'organo presumibilmente incaricato di combattere la corruzione.
Quella opacità non è nuova. La sua predecessora, Gladys María Bejerano Portela —la cosiddetta “Contralora di Ferro”—, aveva già ammesso nel 2024 che GAESA non era sotto la sua supervisione, sebbene avesse cercato di giustificarsi sostenendo che il gruppo militare disponeva di “disciplina e organizzazione superiori”.
In parallelo, Bejerano ha definito come “tradimento” il caso di corruzione dell'ex ministro dell'Economia Alejandro Gil Fernández, oggi in cattiva sorte, ma non ha mai nominato i maneggi dell'impero militare.
Il contrasto tra la retorica ufficiale e la realtà istituzionale è evidente. Mentre il regime presenta nei forum internazionali il suo “impegno per la trasparenza”, a Cuba si è istituzionalizzata una corruzione di vertice, protetta da leggi create su misura per il potere.
Economisti come Pedro Monreal hanno denunciato che la protezione legale di GAESA trasforma la lotta contro la corruzione in un esercizio puramente propagandistico. Nessun cittadino né ente civile può eseguire audit sul flusso di divise gestito dal conglomerato, stimato in miliardi di dollari.
Così, la presenza di Marbán González in Qatar risulta paradossale: il regime diffonde all'estero una "tolleranza zero" che a casa non applica.
Perché, mentre la Contraloria esamina piccole imprese ed enti civili, il vero cuore finanziario di Cuba —GAESA— rimane intoccabile, al di fuori di ogni controllo e protetto dal potere militare che sostiene la dittatura.
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