Díaz-Canel indossò una guayabera per inaugurare un parco solare e il sistema elettrico è crollato nell'ovest di Cuba



Dopo settimane vestito di verde oliva, Díaz-Canel ha inaugurato un parco solare a Cuba indossando una guayabera... Il giorno dopo, il sistema elettrico è collassato e si è verificato un blackout generale da Pinar del Río a Cienfuegos.

Miguel Díaz-Canel e Ho Quoc DungFoto © Facebook / Presidenza Cuba

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En Cuba i miracoli durano il tempo che ci vuole perché la luce torni a mancare. Questo 2 dicembre, mentre Miguel Díaz-Canel cambiava la sua uniforme verde oliva di “emergenza” con una impeccabile guayabera bianca per inaugurare un parco solare a Mayabeque, il sistema elettrico nazionale ha deciso di omaggiare il vestiario di civile del governante… disconnettendosi di nuovo.

La vigilia, un articolo pubblicato su CiberCuba con il titolo “Perché Díaz-Canel indossa un'uniforme militare nelle sue ultime apparizioni pubbliche?”, ha provocato un'esplosione di derisioni, critiche e manifestazioni di indignazione da parte dei lettori sulla pagina Facebook di questo mezzo.

Cattura di schermata Facebook / Presidenza Cuba

Con i blackout non ha il tempo di stirare le guayabere”; “È la campagna contro l'Aedes aegypti”; “La Machi non gli lava i vestiti”; “L'uniforme non fa il comandante, come la guayabera non fa il civile”, hanno detto alcuni dei migliaia di commenti.

I consulenti d'immagine del Palazzo, lettori accaniti di CiberCuba, si sono affrettati a togliere l'uniforme del Consiglio di Difesa Nazionale al governante designato e mostrarlo il giorno dopo "enguayaberado" di bianco immacolato, per manifestare che anche il primo segretario del Partito Comunista ha qualcuno che gli stiri le guayaberas.

Cattura dello schermo Facebook / Presidenza Cuba

La scena —così simbolica quanto sfortunata— ha avuto luogo nell'atto politico-culturale organizzato dalla Presidenza per celebrare il 65° anniversario delle relazioni diplomatiche tra Cuba e Vietnam.

In mezzo a bandiere, discorsi fraterni e un entusiasmo attentamente illuminato, un Díaz-Canel tutto ingessato e il vice primo ministro vietnamita, Ho Quoc Dung, hanno posato la “prima pietra” del parco fotovoltaico “Vista Alegre”.

Poche ore dopo la sua apparizione sfavillante, l'intero occidente del paese è rimasto al buio.

Dal sole del Vietnam al blackout di Pinar del Río

Secondo il post trionfalista pubblicato su reti dall'account ufficiale della Presidenza, la giornata è stata “memorabile per la storia patria”.

In effetti, è stato memorabile, ma non per il progresso tecnologico, bensì per la coincidenza quasi poetica tra l'inaugurazione di un parco solare e il crollo del sistema elettrico nazionale.

Mentre il governante parlava di “nuove vittorie energetiche” e ringraziava i donativi vietnamiti, l'Unione Elettrica informava —già senza tanta poesia— della disconnessione dell'ovest dell'isola, da Pinar del Río a Cienfuegos. Un'altra “interruzione imprevista” che, a questo punto, è diventata una routine nazionale.

Il contrasto era così assurdo che neanche l'umorismo popolare cubano ha dovuto sforzarsi: è bastato il titolo per accendere i social. “Díaz-Canel indossa la guayabera e il paese si spegne”, ironizzavano gli utenti tra meme e blackout.

Dal verde oliva al bianco speranza

Il cambiamento di abbigliamento del presidente ha attirato l'attenzione. Dopo un mese di apparizioni pubbliche vestito da militare —con pretesti che spaziavano dal uragano Melissa a presunti “compiti di difesa”—, Díaz-Canel è riemerso ora con una guayabera bianca, in una scenografia accuratamente allestita con pannelli solari e bandiere amiche.

Ma la guayabera, simbolo di eleganza tropicale e calma istituzionale, finì per essere solo un altro travestimento del “controllo” che il regime cerca di proiettare nel bel mezzo del caos energetico. E mentre il governante parlava di “fratellanza, solidarietà e cooperazione”, i cubani incrociavano le dita affinché la luce non se ne andasse prima del previsto.

La retorica che non illumina

Secondo il discorso ufficiale, i quattro parchi solari donati dal Vietnam —ognuno da 20 megawatt— “contribuiranno al miglioramento della generazione di elettricità nel paese”. In pratica, questo contributo coprirebbe meno del 2% del deficit quotidiano del sistema.

Ma la cifra conta poco quando lo scopo non è generare elettricità, ma propaganda.

In un paese dove i blackout si misurano in ore, non in megawatt, il governo continua a puntare su cerimonie, inni e dichiarazioni di “fratellanza indissolubile”. Poco importa se c'è luce o meno: ciò che conta è che ci siano telecamere.

Il paese delle “prime pietre”

L'episodio si aggiunge alla lunga lista di atti inaugurali che non producono mai risultati tangibili. Come i “progetti strategici” di biogas, i “riordini economici” o le “strategie di sovranità alimentare” che si concludono in documenti e slogan.

Cuba è diventata la terra delle prime pietre eterne: vengono posate, fotografate e dimenticate. La pietra resta, ma la corrente se ne va.

Un regime nell'ombra

Nel frattempo, milioni di cubani continuano a vivere in un blackout permanente - non solo elettrico, ma anche informativo e politico. L'incapacità del governo di risolvere la crisi energetica riflette il collasso strutturale di un sistema che dipende più dai discorsi che dai kilowatt.

Díaz-Canel potrà cambiare uniforme o guayabera, potrà citare Raúl Castro, Ho Chi Minh o la “fratellanza eterna”, ma né la retorica né i pannelli donati sono sufficienti a accendere una lampadina a Pinar del Río.

In definitiva, l'unico splendore che rimane è quello del sarcasmo popolare, quel sole che, a differenza del regime, non si spegne mai.

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Redazione di CiberCuba

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