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Cuba è stata travolta questa domenica da un altro ciclo di blackout interminabili che mettono in evidenza, ancora una volta, il profondo deterioramento del Sistema Elettrico Nazionale (SEN) e l'incapacità del Governo di fermare una crisi che dura da anni e che si sta aggravando.
La parte della Unión Eléctrica (UNE) conferma un panorama che è già parte della vita quotidiana: interruzioni di oltre 20 ore, deficit strutturale e impianti che si spengono più rapidamente di quanto lo Stato sia in grado di riparare.
La giornata precedente è trascorsa praticamente senza servizio: dalle 5:10 del mattino fino alle 2:07 del giorno successivo, il paese è stato colpito. Appena tre ore dopo, alle 5:44 del mattino, la fornitura è stata nuovamente interrotta.
La massima affezione per deficit di capacità di generazione è stata di 1.326 MW alle 18:40.
Inoltre, sono stati segnalati 144 MW colpiti nelle province di Holguín, Granma e Santiago di Cuba a causa del passaggio dell'uragano Melissa, e altri 50 MW a Granma e 20 MW a Guantánamo per alte trasferenze e bassa tensione nella zona.
Per milioni di cubani, questo significa un altro giorno senza refrigerazione, senza acqua pompata, senza trasporto elettrico e senza i servizi di base che dipendono da un sistema in rovina.
Un sistema esaurito che non resiste nemmeno alla domanda minima
Questa mattina, la disponibilità reale del SEN era di 1.550 MW, mentre la domanda saliva a 1.840 MW. Quella differenza -che segna il divario tra l'elettricità che il paese può generare e quella di cui ha bisogno per funzionare minimamente- lasciava già 400 MW di impatto precoce.
Ma il peggio deve ancora arrivare: a partire da mezzogiorno, si prevede che le interruzioni raggiungano 750 MW.
Il deterioramento non è congiunturale né frutto dell'impatto dell'uragano Melissa. La maggior parte del collasso ha origine in fallimenti accumulati, obsolescenza tecnologica e mancanza di investimenti sostenuti.
Le centrali termoelettriche, fulcro della generazione nazionale, rimangono fuori gioco.
Quattro unità continuano a essere guaste: due di Renté (Antonio Maceo), una di Felton e un'altra di Nuevitas.
Altri due blocchi nella CTE Santa Cruz e nella CTE Carlos Manuel de Céspedes di Cienfuegos sono sottoposti a manutenzione che, invece di essere pianificata con efficienza, finiscono per sovrapporsi, lasciando il paese senza supporto.
E anche le piante che dovrebbero resistere portano limitazioni croniche che riducono la loro potenza giorno dopo giorno.
Un paese paralizzato dalla mancanza di combustibile e lubrificanti
La nota della UNE include un dato che riassume la precarietà assoluta: 802 MW sono fuori servizio per mancanza di combustibile e lubrificanti. Insomma, poco meno di un terzo di ciò di cui il paese ha bisogno durante le ore di punta non viene generato perché lo Stato non dispone dei materiali più basilari per sostenere l'operazione.
Più di 80 centrali di generazione distribuita, fondamentali per stabilizzare il SEN, sono ferme o operano con una produzione minima. A questo si aggiungono 109 MW bloccati a causa dell'assenza di lubrificanti.
Questo deficit energetico non è sorprendente: è il risultato diretto di anni di improvvisazione, di una dipendenza estrema dal petrolio nazionale di bassa qualità e di accordi internazionali che non sono riusciti a garantire forniture costanti.
Un picco notturno impossibile da coprire
La UNE ha annunciato l'ingresso "previsto" dell'unità 6 di Renté con 45 MW, una cifra simbolica rispetto alla gravità del problema.
Con questa minima ripresa, la disponibilità durante l'orario di punta sarebbe di 1.595 MW, mentre la domanda salirebbe a 3.000 MW. Il risultato è un divario di 1.405 MW, che si tradurrebbe in un impatto reale di 1.475 MW.
In pratica, questo significa che più della metà del paese rimarrà senza elettricità durante le ore di maggiore consumo, quando le famiglie cercano di cucinare, pompare acqua o semplicemente riposare.
E anche se il Governo cerca di presentare i parchi solari come un successo - 31 impianti hanno contribuito con 2.452 MWh il giorno prima - la realtà è che quella produzione copre solo una minima frazione del deficit strutturale e non compensa il calo del sistema termico né la mancanza di combustibili.
L'Avana: un apparente sollievo che non cambia la realtà
La Empresa Elettrica de L'Avana ha comunicato che la capitale ha subito 9 ore e 45 minuti di blackout sabato, con un massimo di 140 MW colpiti.
Sebbene il servizio sia stato ripristinato prima delle 21:00 e non ci siano stati interruzioni durante la notte, questa "normalità" relativa non rappresenta il paese. L'Avana tende a essere l'ultima a spegnersi e la prima a recuperarsi, ma la stabilità nel resto del territorio è praticamente inesistente.
Una crisi sostenuta dall'inefficienza
Oltre ai dati tecnici, ciò che rivela questo rapporto è un sistema elettrico che si è trasformato in una bomba a orologeria.
Ogni giorno ci sono più impianti guasti che funzionanti, più carburante assente che disponibile e più promesse ufficiali che soluzioni concrete.
Il Governo insiste nel parlare di "affetta temporanee", ma i cubani vivono da anni una crisi che non è più congiunturale: è strutturale ed è il risultato diretto di una cattiva gestione.
La UNE pubblica analisi quotidiane, ma non offre una strategia realistica né un cronogramma credibile per recuperare il SEN.
La popolazione, nel frattempo, affronta la realtà senza alternative: cibo che va a male, bambini che non riescono a dormire per il caldo, malati senza attrezzature mediche funzionanti e un'economia completamente paralizzata.
Cuba non sta semplicemente soffrendo per i blackout: sta attraversando un collasso progressivo del suo sistema energetico, una crisi che non si risolverà con dichiarazioni ufficiali né con piccoli contributi solari, ma con decisioni profonde che il Governo è stato incapace di prendere.
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