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Per la prima volta da quando è iniziata la votazione annuale alle Nazioni Unite contro l'embargo statunitense, due paesi latinoamericani — Argentina e Paraguay — hanno votato contro Cuba, mentre Ecuador e Costa Rica si sono astenuti, rompendo così il consenso regionale storico che per oltre tre decenni ha servito da scudo diplomatico al regime dell'Avana.
Il risultato della votazione del 2025 —165 voti a favore, 7 contro e 12 astensioni— ha confermato un cambiamento del clima politico in America Latina, dove il sostegno automatico a Cuba inizia a dissolversi mentre la regione si orienta verso governi più liberali, democratici e critici nei confronti dell'autoritarismo.
Un risultato che segna un'epoca
Secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite, i sette voti contrari sono provenuti da Argentina, Ungheria, Israele, Stati Uniti, Macedonia del Nord, Paraguay e Ucraina.
Le 12 astensioni hanno incluso Polonia, Romania, Bosnia-Erzegovina, Costa Rica, Ecuador, Estonia, Marocco, Albania, Lituania, Moldavia, Repubblica Ceca e Lettonia.
Si tratta del minor sostegno globale a Cuba in oltre un decennio e della prima volta che l'America Latina mostra apertamente crepe rispetto alla tradizionale narrativa cubana del “blocco genocida”.
Argentina e Paraguay: Rottura con il passato
Il caso più sconvolgente è stato quello dell'Argentina, il cui governo guidato da Javier Milei ha segnato un cambiamento radicale nella politica estera.
Milei, che è entrato in carica nel dicembre 2023, ha allineato la sua diplomazia con gli Stati Uniti, Israele e l'Unione Europea, rivendicando apertamente i valori della democrazia liberale e dell'economia di mercato.
Dalla Cancelleria argentina si è giustificato il voto contrario alla risoluzione cubana alle Nazioni Unite come una posizione coerente con la politica estera del governo di Milei, incentrata sulla difesa della democrazia, delle libertà individuali e dei diritti umani.
Il giro segna una rottura con la linea diplomatica mantenuta dai governi kirchneristi e peronisti negli ultimi venti anni, che hanno intrattenuto una stretta relazione con i regimi di La Habana, Caracas e Managua, inquadrati nel cosiddetto asse del “socialismo del XXI secolo”.
In Paraguay, il governo di Santiago Peña ha anche segnato un cambiamento di rotta nella politica estera.
Dopo anni di sfumature diplomatiche riguardanti Cuba – alcuni di stretta collaborazione - Asunción ha votato contro la risoluzione presentata da La Habana, in linea con la sua posizione di sostegno alle democrazie rappresentative e al rispetto dei diritti umani nella regione.
La decisione è stata interpretata come un gesto simbolico all'interno di un contesto regionale in trasformazione, dove diversi governi latinoamericani iniziano a prendere le distanze dai vecchi allineamenti ideologici del XX secolo e a dare priorità alla cooperazione con le democrazie liberali occidentali.
Ecuador e Costa Rica: Astensione strategica
Nel blocco delle 12 astensioni, si sono distinte due nazioni latinoamericane: Ecuador e Costa Rica.
Il presidente ecuadoriano Daniel Noboa, al potere da novembre 2023, ha cercato di riposizionare il paese come un partner affidabile degli Stati Uniti e dell'Europa, dopo anni di ambiguità diplomatica sotto il correismo.
La sua astensione riflette un tentativo di bilanciare pragmatismo economico con principi democratici, evitando una rotturafrontale con La Habana ma lasciando chiara la sua distanza dal castrismo.
Il Costa Rica, da parte sua, ha mantenuto una posizione coerente con la sua tradizione democratica. San José di solito non affronta direttamente Cuba, ma non sostiene nemmeno le sue posizioni nei forum internazionali. La sua astensione è stata interpretata come un messaggio di disaccordo nei confronti della mancanza di libertà nell'isola, senza drammatizzare il gesto con un voto negativo.
Un cambiamento regionale in corso
La votazione del 2025 si svolge in un momento di riorganizzazione politica in America Latina, dove diversi paesi hanno adottato posizioni più critiche nei confronti dei regimi autoritari.
In Bolivia, il governo interino di transizione che segue alla sconfitta del MAS nelle elezioni di settembre ha annunciato un cambio di rotta, anche se il nuovo presidente eletto non ha ancora preso possesso della carica. Gli analisti prevedono che la futura amministrazione adotterà una linea più moderata e meno dipendente da La Habana e Caracas.
In Cile, sebbene il governo di Gabriel Boric mantenga un discorso di sinistra, ha preso le distanze dalla repressione cubana, venezuelana e nicaraguense, consapevole del costo politico di associarsi a dittature in un contesto globale dove la democrazia torna ad essere un simbolo di legittimità.
Nel complesso, la regione evidenzia una chiara perdita di affinità politica con il castrismo, in parte a causa della discreditazione dei suoi modelli alleati (Venezuela e Nicaragua), sempre più isolati e sotto sanzioni internazionali. Escludendo entrambi i regimi alleati, solo i governi di Messico, Colombia e Brasile mantengono relazioni strette con la dittatura dell'Avana.
Cuba, sola e senza racconto
Il logorio del sostegno latinoamericano avviene mentre Cuba attraversa la sua peggiore crisi economica dagli anni novanta.
Con un'inflazione galoppante, blackout quotidiani e un'emigrazione senza precedenti —più di 650.000 cubani hanno abbandonato l'isola dal 2021—, il discorso del “blocco” non convince più nemmeno i suoi antichi alleati.
Le rivelazioni sui 18.000 milioni di dollari in attivi di GAESA, il conglomerato militare che controlla oltre il 70% dell'economia cubana, hanno messo in luce la contraddizione tra il racconto di soffocamento e l'accumulo di ricchezze da parte dell'élite militare.
Nel frattempo, le denunce sui mercenari cubani reclutati dalla Russia per combattere in Ucraina hanno ulteriormente eroso l'immagine del regime davanti ai paesi europei e agli alleati occidentali.
Fine di un'era diplomatica
Per decenni, Cuba è stata un simbolo regionale di resistenza e sovranità. Ma nel 2025, la sua narrativa di vittima perde peso di fronte all'evidenza di un sistema repressivo, impoverito e sostenuto da interessi militari e alleanze autoritarie.
I risultati dell'ONU segnano l'inizio di una nuova fase in America Latina, dove la diplomazia non è più guidata dalla nostalgia rivoluzionaria, ma dalla difesa dei principi democratici e degli interessi nazionali.
Il consenso si è rotto. E l'isolamento di Cuba, questa volta, non è stato provocato solo da Washington, ma l'amministrazione Trump ha trovato sostegno tra i vicini della regione.
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