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La tensione tra il potere giudiziario e l'amministrazione del presidente Donald Trump ha raggiunto un nuovo livello con l'avvio formale del processo per dichiarare il suo governo in disobbedienza giudiziaria, dopo aver ignorato un'ordinanza che proibiva la deportazione di oltre 200 migranti, per lo più venezuelani, verso una megacarcere in El Salvador.
Il giudice federale James E. Boasberg, del distretto di Washington, ha stabilito che ci sono “motivi ragionevoli” per considerare che il governo di Trump ha violato il suo ordine emesso il 15 marzo, il quale proibiva la deportazione di migranti ai sensi della Legge sugli Estranei nemici, una legislazione del XVIII secolo storicamente riservata ai tempi di guerra.
Boasberg ha denunciato in un documento di 46 pagine -citato dalla stampa statunitense- che l'amministrazione ha mostrato una “ignoranza deliberata” nell'eseguire le deportazioni anche dopo che l'ordine era stato comunicato.
“La Costituzione non tollera la disobbedienza intenzionale degli ordini giudiziari, specialmente da parte di funzionari che hanno giurato di rispettarla”, scrisse il giudice.
Nelle sue dichiarazioni, Boasberg è stato chiaro: “Il Tribunale non giunge a tale conclusione con leggerezza né in modo affrettato; infatti, ha dato ai convenuti ampia opportunità di rettificare o spiegare le proprie azioni. Nessuna delle loro risposte è stata soddisfacente.”
I voli e la prigione di El Salvador
Il 15 marzo, mentre l'ordine era in fase di comunicazione, due voli con oltre 200 migranti sono partiti dagli Stati Uniti verso El Salvador, passando per l'Honduras.
I deportati, per lo più venezuelani ed salvadoregni, sono stati accusati senza processo giudiziario di appartenenere a bande criminali come MS-13 e Tren de Aragua, e successivamente rinchiusi nel Centro di Confinamento del Terrorismo (CECOT), la controversa mega-carcere di massima sicurezza voluta dal presidente salvadoregno Nayib Bukele.
Boasberg ha affermato che il modo più efficace affinché l'amministrazione elimini il probabile disconoscimento sarebbe che i migranti deportati “possano avvalersi del loro diritto di contestare la loro espulsione”, anche senza la necessità di essere riportati fisicamente negli Stati Uniti.
Segreto di Stato e ostacolo al processo
La Casa Bianca ha negato di aver violato l'ordine del giudice.
Tuttavia, la segretaria stampa Karoline Leavitt ha riconosciuto che il volo potrebbe essere stato effettuato prima della risoluzione scritta, anche se non ha fornito l'orario esatto di partenza, il che ha alimentato i sospetti del tribunale.
In risposta alla richiesta di Boasberg di fornire i dettagli del volo, il Governo ha invocato il privilegio del segreto di Stato, impedendo così la trasparenza e ostacolando il seguito giuridico.
In parole del giudice, “l'Amministrazione potrebbe ‘purificare’ il suo disprezzo restituendo alla custodia degli Stati Uniti coloro che sono stati inviati nel carcere in El Salvador”.
Se il Dipartimento di Giustizia si rifiuta di procedere, il giudice nominerà un avvocato indipendente per perseguire il caso.
Una crisi costituzionale in atto
Il caso rappresenta un punto critico nella storia contemporanea degli Stati Uniti.
Tal como sottolinea il giudice, “la Costituzione non tollera la disobbedienza volontaria agli ordini giudiziari, specialmente da parte di funzionari di un ramo coordinato che hanno prestato giuramento di rispettarla”.
Le implicazioni di una dichiarazione formale di disobbedienza da parte di un tribunale federale nei confronti di un'amministrazione presidenziale potrebbero innescare una crisi istituzionale senza precedenti.
Come ha espresso Boasberg, ci si trova di fronte a una situazione in cui "un ramo del governo ignora deliberatamente le istruzioni di un altro", il che implica una rottura dell'equilibrio costituzionale.
Il ruolo di Bukele e il messaggio provocatorio
La situazione è diventata ancora più controversa quando il presidente salvadoregno Nayib Bukele ha pubblicato un messaggio provocatorio sui social media accompagnato da un video dei migranti che entrano in prigione: “Oops. Troppo tardi”.
Questo gesto è stato percepito come un'affronto diretto sia alla giustizia statunitense che all'ordine internazionale.
Il caso di Kilmar Armando Abrego García
Tra i deportati figura Kilmar Armando Abrego García, un salvadoregno che è stato rimpatriato suppostamente per "un errore amministrativo".
Il governo statunitense lo accusa di essere un "terrorista", anche se fino ad ora non ha presentato prove pubbliche che supportino questa accusa.
Il caso è arrivato fino alla Corte Suprema, che ha stabilito che Abrego García aveva il diritto di contestare la sua espulsione.
Noostante, l'amministrazione Trump insiste sul fatto che il suo destino è ormai nelle mani di Bukele, che durante una recente visita a Washington si è rifiutato di restituirlo agli Stati Uniti.
Respingimento parziale del Supremo, ma con avvertimenti
Sebbene recentemente la Corte Suprema abbia autorizzato il governo a riprendere le deportazioni ai sensi della Legge sugli Stranieri Ostili, lo ha fatto per un tecnicismo giuridico: la causa, secondo quanto stabilito dall'alta corte, doveva essere presentata in Texas e non a Washington.
Tuttavia, la sentenza ha anche ricordato che i migranti hanno diritto a un'udienza giudiziaria prima della loro deportazione, un passaggio che non è stato rispettato.
Il presidente della Corte Suprema, John Roberts, ha persino dovuto emettere una dichiarazione pubblica insolita per ricordare a Trump come funziona il sistema giudiziario dopo i suoi attacchi verbali contro il giudice Boasberg e i suoi tentativi di destituirlo tramite impeachment.
I media statunitensi avvertono che la battaglia legale tra il giudice James Boasberg e l'amministrazione Trump è molto più di un semplice caso giudiziario: è un campo di prova per i limiti del potere esecutivo, il rispetto dello Stato di diritto e i diritti umani dei migranti.
Boasberg ha dato al governo una settimana per rendere conto sotto giuramento o presentare una soluzione efficace. In caso contrario, il disprezzo verrà formalizzato e potrebbe avere conseguenze storiche.
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