Il regime cubano ha nuovamente lanciato una delle sue abituali promesse di recupero energetico, questa volta assicurando che costruirà 55 parchi solari con una capacità di 1.200 megawatt (MW) prima della fine del 2025.
L'annuncio, effettuato durante la sessione di bilancio annuale del Ministero dell'Energia e delle Miniere presso il Palazzo delle Convenzioni de L'Avana, si aggiunge a una lunga lista di impegni non mantenuti mentre il paese continua a soffrire di blackouts costanti e di un collasso del Sistema Elettrico Nazionale (SEN).
L'evento ha visto la presenza del governante designato Miguel Díaz-Canel, insieme al primo ministro, Manuel Marrero Cruz, e al ministro dell'Energia e delle Miniere, Vicente de la O Levy.
Il rapporto di NTV ha mostrato che alla riunione erano presenti anche il comandante Ramiro Valdés Menéndez e il vice primo ministro Ricardo Cabrisas Ruiz, i quali hanno cercato di mascherare il disastro energetico con annunci propagandistici che sono stati ripetuti senza successo negli ultimi anni.
Propaganda di parchi solari come nuova distrazione
Marrero Cruz ha affermato che la strategia del regime è quella di costruire tra cinque e sei parchi solari fotovoltaici al mese, promettendo di chiudere il 2025 con 1.200 MW di energia rinnovabile installata.
"Sono quasi conclusi i primi due parchi e tutto il processo intensivo che si sta sviluppando ci permetterà di compiere un grande passo avanti e di chiudere l'anno con circa 1.000 o 1.200 MW. Avrà un impatto molto importante", ha dichiarato Marrero, ripetendo lo stesso discorso che il regime ha utilizzato in molteplici occasioni senza risultati tangibili.
Il primo ministro ha assicurato che a luglio del 2025 si prevede la conclusione di 27 parchi solari che fornirebbero 590 MW, anche se l'esperienza dimostra che queste cifre sono semplici annunci per placare l'indignazione popolare.
In passato, il regime ha promesso miglioramenti che non si sono mai concretizzati, mentre la popolazione continua a fronteggiare interruzioni di corrente fino a 20 ore al giorno in alcune località.
Il collasso del SEN e la mancanza di soluzioni reali
Mentre le promesse del regime continuano ad accumularsi, la realtà è che il sistema energetico cubano si trova in uno stato critico. Le centrale termoelettriche operano con tecnologia obsoleta, mancanza di manutenzione e incapacità di generare l'energia di cui il paese ha bisogno.
Lo stesso De la O Levy ha ammesso che "il 2025 ha grandi obiettivi e impegni, tra cui il recupero della generazione distribuita e la manutenzione pianificata degli impianti termici".
Tuttavia, non ha spiegato come raggiungeranno questi presunti obiettivi quando le infrastrutture continuano a deteriorarsi e non hanno accesso a finanziamenti né a tecnologie per una ripresa sostenibile.
Più scuse e dipendenza dalle importazioni
Il direttore dell'Unione Elettrica di Cuba (UNE), Alfredo López Valdés, ha riconosciuto che il paese continuerà a dipendere dall'importazione di componenti chiave per il sistema elettrico.
"Si costruiranno a Cuba molti componenti che in passato non sono stati prodotti nel paese. Ma ce ne sono alcuni che, in ogni caso, devono essere importati", ha affermato, evidenziando che non esiste una soluzione strutturale alla crisi energetica.
Il bilancio del Ministero dell'Energia e delle Miniere ha affrontato anche temi come la lotta contro il crimine e la digitalizzazione dei servizi, nel tentativo di deviare l'attenzione dalla crisi che continua a colpire i cubani.
La repressione come unica risposta alla crisi
Mentre il governo continua a ripetere le sue promesse vuote, l'indignazione popolare cresce di fronte alla mancanza di elettricità e al deterioramento della crisi economica. Negli ultimi tempi, il malcontento si è tradotto in proteste sporadiche e spontanee in diverse province, a cui il regime ha risposto con repressione e arresti arbitrari.
"Vogliamo riconoscere il lavoro che viene svolto e siamo convinti che questo sarà, per questo settore, un anno molto migliore", ha concluso Vicente de la O Levy, in una frase che riflette il cinismo di un regime che ha portato il SEN al collasso e che si sostiene solo grazie al suo apparato repressivo.
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