Una presunta aggressione sessuale ha scioccato il quartiere Veguita de Galo, a Santiago di Cuba, dopo che un uomo beneficiato da un permesso di carcere ha violato una giovane in piena strada.
Secondo testimonianze e un video pubblicato dal giornalista Yosmany Mayeta, l'episodio è avvenuto quando il presunto aggressore identificato come Rafael (alias "Felo"), figlio di una nota venditrice di giornali della zona, ha intercettato la vittima dopo averla seguita da via 11 del sopraccitato quartiere.

La ha attaccata brutalmente e, secondo la dichiarazione della giovane, l'ha violentata. La ragazza è riuscita a fuggire come ha potuto per la via 15, visibilmente picchiata e confusa, fino a rifugiarsi a casa di una venditrice ambulante.
Lì è stata soccorsa da vicini che hanno immediatamente avvertito i suoi familiari.
Poco dopo, arrivarono agenti di polizia che portarono l'aggressore in custodia. Durante il suo arresto, Rafael sostenne che la vittima "non era minorenne", una giustificazione che suscitò repulsione nella comunità.
Se tratta, inoltre, di un caso di recidiva, poiché l'aggressore stava scontando una pena proprio per un altro reato di violenza, ed era stato beneficiato di un permesso penitenziario.
Quel dettaglio ha provocato un’ondata di rifiuto generalizzato e interrogativi sul sistema giudiziario e le politiche di reinserimento sociale.
"Chi viola, deve scontare la pena, senza benefici né scuse!"
Nel paragrafo dei commenti della pubblicazione, decine di utenti si sono mostrati sconvolti per l'accaduto e furiosi, perché non comprendono come qualcuno con precedenti per reati sessuali possa tornare a circolare liberamente per le strade senza una supervisione efficace.
“Non può essere che questi delinquenti girino per le strade con permessi carcerari. Chi viola, deve scontare la pena, senza benefici né scuse!”, ha dichiarato un vicino tra le grida di impotenza.
Un altro esclamò: "Il cane huevero, anche se gli bruciano il muso, rimane un pericolo".
Le richieste di giustizia sono accompagnate da richieste di riforme legali urgenti.
Il caso non ha solo messo in luce la brutalità del crimine, ma anche la fragilità istituzionale che permette che situazioni simili si ripetano.
L'episodio mette in evidenza le crepe nei sistemi di controllo penitenziario e solleva dubbi sull'efficacia dei meccanismi di reinserimento per i detenuti pericolosi, soprattutto in un contesto di crescente insicurezza cittadina.
Inoltre, l'evento ha riportato all'attenzione la vulnerabilità delle donne e delle ragazze in ambienti privi di illuminazione - c'era un blackout al momento dell'incidente - senza sorveglianza e senza risposte istituzionali decisive di fronte alla violenza di genere.
Un grido collettivo di esasperazione
I commenti dei cittadini raccolti sui social media esprimono uno stato d'opinione dominato dalla rabbia, dalla paura, dall'impotenza e dalla stanchezza.
Di seguito vengono raccolti alcuni dei punti di vista più rappresentativi di questo malessere generalizzato:
-“Donne, svegliatevi. Invece di seguire corsi di stilismo, bisogna imparare la difesa personale"; “Il brutto è che se ti difendi tu, finisci in prigione. È disgustosa la giustizia"; “Che bisogno c'è di un Bukele a Cuba, Dio mio!”;
“Il paese è marcio. Vengono scarcerati i violatori e i prigionieri politici non possono nemmeno vedere i loro familiari.”
“Questo non avviene solo a Santiago. È in tutta Cuba, e la legge non protegge nessuno.”
“Qui i delinquenti hanno privilegi e il popolo, paura.”
“Una volta che un tipo commette una violenza, lo farà di nuovo. Non si guarisce con un permesso di libertà.”
“Cosa ci faceva un violatore recidivo a camminare libero nello stesso quartiere dove aveva già colpito prima?”
“Chiedo carcere senza visite, senza privilegi e senza pietà per questi disgustosi.”
“È un atto mostruoso. La povera ragazza rimarrà segnati per sempre.”
Molte voci concordano nel sottolineare che i blackout, la mancanza di pattugliamento e sorveglianza, e l'abbandono istituzionale sono un terreno fertile per questo tipo di crimini.
Ci sono anche inviti all'autodifesa: “Portare un ago e infilarlo nella giugulare se necessario” o “tenere a portata di mano uno spray, anche fosse di profumo, per accecarli”.
“Un prigioniero politico viene sepolto vivo, ma a un violentatore lo lasciano libero con un permesso come se fosse in vacanza", è stata un'idea ricorrente.
Sfortunatamente, questo caso non è un fatto isolato, ma un sintomo grave di un sistema collassato per quanto riguarda la prevenzione, la giustizia e la protezione delle vittime.
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