Dalla metà di settembre 2024, una nuova ondata repressiva scuote la società civile cubana, particolarmente rivolta contro i giornalisti e i collaboratori di media indipendenti, attivisti e gestori di progetti sociali.
In mezzo a minacce, sequestri ed estorsioni, la Sicurezza dello Stato ha intensificato il suo assedio con l'obiettivo di disarticolare iniziative critiche nei confronti del regime, utilizzando tattiche di tortura psicologica e coercizione per forzare rinunce e ottenere "confessioni" contro i suoi obiettivi.
In questa offensiva, collaboratori di media come elTOQUE, CubaNet e Periodismo de Barrio sono stati citati, interrogati e coartati a rinunciare al loro lavoro, con l'accusa di "mercenarismo", una figura penale utilizzata ricorrentemente dal regime cubano per criminalizzare il lavoro dei giornalisti indipendenti.
Questo reato, stabilito nell'articolo 143 del Codice Penale cubano, prevede pene da quattro a dieci anni di carcere per coloro che ricevono fondi esterni con presunti fini "sovversivi".
Tuttavia, la realtà dietro a queste accuse è la costante strategia del governo per controllare il flusso di informazioni e reprimere qualsiasi voce che si opponga alla narrativa ufficiale.
Testimonianze di repressione e estorsione
Il giornalista e saggista Alexander Hall e lo scrittore Jorge Fernández Era, entrambi collaboratori di elTOQUE, sono alcuni dei nomi emersi tra le persone colpite da questa nuova offensiva.
Hall è stato convocato a Villa Marista, il quartier generale della Sicurezza dello Stato a L'Avana, dove ha trascorso diverse ore sottoposto a un'interrogatorio caratterizzato dall'intimidazione.
Fernández Era, da parte sua, è stato sottoposto a due interrogatori consecutivi nello stesso centro di detenzione, durante i quali le autorità lo hanno pressato affinché abbandonasse il suo lavoro giornalistico.
In un contesto simile, la giornalista María Lucía Expósito ha recentemente denunciato sui social media il sequestro del suo telefono cellulare e di 1.000 dollari, fondi ottenuti grazie alla sua partecipazione a un corso di formazione in giornalismo.
Inoltre, è stata sottoposta a oltre sei ore di interrogatorio, durante il quale la violenza psicologica è stata lo strumento di pressione prediletto delle autorità per ottenere la sua "collaborazione".
Come altri colleghi, è stata costretta a firmare un atto in cui riconosceva di aver ricevuto denaro da progetti "sovversivi", una tattica sempre più comune usata dal regime per forzare l'autoincolpazione e fabbricare prove inesistenti.
L'impatto sui media indipendenti
L'ostilità non si è fermata solo ai giornalisti individuali. La rivista Magazine AM:PM, uno dei mezzi di comunicazione indipendenti più influenti nella promozione della musica cubana, ha annunciato una pausa indefinita a causa della pressione e delle molestie subite dal suo direttore.
"Ce ne andiamo con la speranza di tornare quando le condizioni lo permetteranno", hanno dichiarato in un comunicato diffuso il 16 settembre 2024, riflettendo il clima di repressione che limita lo sviluppo del giornalismo indipendente nell'isola.
Inoltre, CubaNet ha informato di rappresaglie contro diversi dei suoi collaboratori all'interno di Cuba. Le intimidazioni includono minacce dirette di prigione e la compromissione dell'integrità delle loro famiglie se continuano il loro lavoro.
Attraverso un comunicato, CubaNet ha denunciato che diversi dei suoi reporter sono stati filmati sotto coercizione, dopo essere stati sottoposti a ore di tortura psicologica. Inoltre, i loro dispositivi elettronici e i risparmi personali sono stati confiscati, in un chiaro tentativo di spezzare la loro capacità di lavoro e mantenere un controllo assoluto sulle informazioni.
Il quadro legale: strumento di repressione
Così come ricorda l'avvocato cubano Eloy Viera Cañive in elTOQUE, la repressione contro il giornalismo indipendente a Cuba non è nuova, ma si è sofisticata nel corso degli anni. Oltre all'applicazione dell'articolo 143, il regime ha rafforzato il suo quadro giuridico con normative come i Decreti Legge 370 e 35, così come il Decreto 349, che criminalizzano praticamente qualsiasi azione che sfugga al controllo statale.
La recente approvazione della Legge sulla Comunicazione Sociale, criticata dalla Società Interamericana di Stampa (SIP) come un meccanismo per legalizzare la censura, è diventata un nuovo strumento di controllo sulla libertà di espressione nell'isola. Questa legge riconosce solo l'esistenza di media legati al Partito Comunista di Cuba, negando qualsiasi legittimità ai progetti indipendenti.
Michael Greenspon, presidente della SIP, ha condannato l'inasprimento delle restrizioni alla stampa a Cuba, denunciando che il regime impiega tattiche repressive per "disattivare il malcontento sociale" e sopprimere il flusso di informazione indipendente.
Di fronte a questo panorama, le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno ribadito l'urgenza di monitorare la situazione a Cuba, dove la libertà di stampa è costantemente sotto assedio. La nuova ondata repressiva è un segnale che il regime non cesserà nei suoi sforzi per silenziare coloro che osano informare in modo indipendente, sia all'interno che al di fuori delle frontiere cubane.
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