Il Ministro delle Relazioni Estere (MINREX) Bruno Rodríguez Parrilla è stato il portavoce, attraverso un'intervista, nel tentativo di delineare una visione esterna sui possibili cambiamenti nell'isola, ma la realtà che vive la popolazione cubana sembra essere sempre più distante dalle aspettative ufficiali.
Sebbene Rodríguez Parrilla non si sia riferito a azioni concrete, ma abbia utilizzato la verborrea ricorrente nei dialoghi dei dirigenti dell'isola, ha comunque dichiarato che cercano di cambiare "in tutto ciò che è necessario", ma "dentro i limiti della nostra cultura nazionale".
Da New York e intervistato dal media Newsweek, il cancelliere cubano ha descritto quelli che dal governo considerano sforzi per cambiare l'economia.
Rodríguez Parrilla ha sostenuto che la chiave non sta nel cambiamento stesso, ma in “dove andremo a cambiare?” e ha avvertito riguardo ai “detonatori semantici” che sono emersi nel mezzo di quella che lui descrive come una crisi cognitiva e morale globale.
Secondo lui, la gente è più preoccupata per i propri dispositivi mobili che per riflettere criticamente sulla propria realtà. Tuttavia, questa affermazione si disconnette dalle preoccupazioni reali della cittadinanza cubana, che affronta una grave crisi economica e sociale, dove l'accesso ai beni di prima necessità e il deterioramento delle infrastrutture sono all'ordine del giorno.
Il ministro ha insistito sul fatto che i cambiamenti che il governo vuole attuare mirano a “sviluppare il benessere comune” e a rafforzare le politiche sociali, anche se ha riconosciuto che sarebbe assurdo aspettarsi i livelli di consumo di un cittadino statunitense con un lavoro sicuro e ben retribuito. Per Rodríguez, i cambiamenti realistici non sono orientati verso un miglioramento degli standard di vita come quelli offerti dal capitalismo sviluppato, ma piuttosto verso un tipo di prosperità collettiva, dove i "beni spirituali" abbiano lo stesso peso di quelli materiali.
Tuttavia, questo tipo di promesse si allontana dall'esperienza quotidiana dei cubani, i quali vedono come i beni materiali, invece di migliorare, siano diventati più scarsi e costosi negli ultimi anni. Inoltre, la crescente emigrazione giovanile riflette una mancanza di fiducia nel fatto che quei sogni e piani di vita che menziona Rodríguez possano realizzarsi all'interno dell'attuale sistema. La disconnessione tra le dichiarazioni del ministro e le realtà sociali, aggravata dalla mancanza di cambiamenti significativi nel settore economico, risulta difficile da ignorare.
Nella sua critica alla visione statunitense sul cambiamento a Cuba, Rodríguez ha affermato che questa non è solo “interventista”, ma cerca di restaurare un sistema di sfruttamento coloniale come quello che esisteva prima del 1959. Per il ministro, il governo nordamericano aspira a “riprendersi le sue banche, i suoi latifondi, il suo sistema ferroviario, le sue compagnie minerarie, le sue compagnie telefoniche”.
Tuttavia, molti dentro e fuori Cuba si chiedono se siano davvero gli Stati Uniti a impedire le riforme necessarie nell'isola, o se sia la stessa struttura politica ed economica del paese a mantenere bloccato qualsiasi progresso significativo verso una maggiore prosperità.
Mentre il governo cubano insiste sul fatto che i cambiamenti arriveranno, la domanda rimane se questi saranno sufficienti per affrontare le profonde carenze che colpiscono la società cubana.
Le parole di Rodríguez riflettono una visione ottimista all'interno del quadro del governo cubano, ma la realtà sul campo continua a dipingere un panorama di incertezza e disperazione per molti dei suoi cittadini.
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