Gli Stati Uniti avrebbero offerto a Maduro "quello che vuole" pur di accettare la sua sconfitta e avviare un processo di transizione.

Secondo il mezzo britannico The Economist, l'impegno cercato dagli americani includerebbe la promessa di non chiedere la sua estradizione.

Nicolás Maduro y Edmundo Rodríguez Urrutia © Facebook / Maduro Mama Huevo - X / @MariaCorinaYA
Nicolás Maduro e Edmundo Rodríguez UrrutiaFoto © Facebook / Maduro Mama Huevo - X / @MariaCorinaYA

Gli Stati Uniti avrebbero offerto al governante Nicolás Maduro un accordo con ampie garanzie per la sua persona, a condizione che accetti la sua sconfitta e avvii un processo di transizione pacifica verso la democrazia in Venezuela.

L'amministrazione Biden sarebbe disposta a offrire al dittatore venezuelano "quello che vuole" pur di fermare la repressione su oppositori e manifestanti, che si presentino in modo trasparente i verbali che avvalorano il risultato delle passate elezioni e che si riconosca la volontà di cambiamento del popolo venezuelano.

Gli Stati Uniti sarebbero disposti a dare a Maduro “quello che vuole” se lascia l'incarico, secondo dichiarazioni di fonti anonime al prestigioso media britannico The Economist. Tuttavia, ammettono che è “poco probabile” che il dittatore si dimetta “a meno che non venga messo sotto pressione”.

Altre fonti consultate dal quotidiano hanno suggerito che le parti "potrebbero dover accettare di tenere nuove elezioni". Tuttavia, "Machado e altri leader dell'opposizione si opporrebbero con buone ragioni a questo", hanno ammesso.

Tre fattori graviterebbero sulla possibilità che Maduro accetti la sua sconfitta alle elezioni del 28 luglio. Il primo sarebbe "il malcontento interno" che inizia a manifestarsi all'interno del suo governo.

In seguito peserebbero le posizioni dei governi della regione e le conversazioni degli Stati Uniti con Brasile, Messico e Colombia per rispettare il risultato delle urne presentato e avallato dall'opposizione con oltre l'80% dei verbali scrutinati e messi a disposizione dell'opinione pubblica in maniera trasparente, in contrasto con le manovre del regime di Maduro per accusare l'opposizione di frode, hacking e altri crimini senza alcun fondamento.

Infine, secondo fonti statunitensi consultate da The Economist, la lealtà dell'esercito al regime di Maduro potrebbe stare subendo un certo logoramento ed erosione interna, spingendo Maduro a sedersi a un tavolo di negoziazione. Quest'ultima ipotesi sarebbe la più debole, tenendo conto del controllo totale delle forze armate esercitato dal chavismo, assistito da L'Avana in compiti di controintelligence e strategie di corruzione nei confronti dei vertici militari.

Secondo il citato mezzo, l'offerta degli Stati Uniti di dare al dittatore "quello che vuole" includerebbe la promessa di non esigere la sua estradizione. La scommessa statunitense per sbloccare la governabilità del Venezuela include conversazioni di alto livello con i governi di sinistra di Luiz Inácio Lula da Silva (Brasile), Andrés Manuel López Obrador (Messico), Gustavo Petro (Colombia) e Gabriel Boric (Cile).

Mentre i primi tre hanno mantenuto una posizione ambigua riguardo al presunto frode del regime di Maduro alle elezioni presidenziali, con dichiarazioni critiche e richieste di rispetto per la democrazia intervallate da appelli al dialogo e alla negoziazione, il governo del socialista cileno Boric è stato più deciso nella sua condanna del regime di Maduro, per il frode elettorale commesso e la repressione scatenata dopo le proteste popolari.

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