Cubana negli Stati Uniti chiede meno confronti e più empatia: "La tua situazione migratoria è forse meno dolorosa della mia?"

"Perché non riflettiamo su ciò che ci ha spinti a migrare tutti insieme e, con lo stesso coraggio con cui ci siamo imbarcati su un aereo, su una zattera, attraversato una giungla o un fiume, non celebriamo la nostra forza per averlo fatto?"


Carelis Conde, una cubana residente negli Stati Uniti, ha deciso di affrontare in un video un tema che genera divisioni tra i migranti: le comparazioni su come ciascuno sia arrivato alla propria meta. Per introdurre la sua riflessione, ha letto commenti reali trovati sui social media, dove alcuni emigranti minimizzano le esperienze degli altri.

"Coloro che sono arrivati con parole non sanno cosa significhi affrontare le difficoltà", diceva uno dei commenti che citava. Un altro affermava: "Io sono stato un balsero, sono venuto su una barca, sono rimasto in mare per quattro giorni. Non capisco di cosa si lamentano quelli che arrivano ora in aereo, freschi e comodi". Ha anche menzionato frasi come: "Attraversare cinque paesi e affrontare la giungla del Darién è peggio che rischiare in mare".

Dopo aver letto questi messaggi, Carelis si è chiesta: “Perché ricadiamo nelle comparazioni? La tua situazione migratoria è forse meno dolorosa della mia? Solo io ho sofferto per arrivare dove sono?”. La sua riflessione ruotava attorno all'idea che tutte le esperienze di emigrazione sono uniche e valide, e che confrontarle alimenta solo divisioni inutili tra persone che condividono il dolore di lasciare la propria terra e ricominciare da capo.

Con un tono empatico, @carelisconde ha difeso che ogni storia migratoria ha il suo valore, indipendentemente dal mezzo o dal momento in cui si è svolta. “Ogni cicatrice, ogni lacrima, ti fa essere ciò che sei. Questo ti rende unico”, ha espresso. "Pensare che qualcuno, perché non ha vissuto ciò che tu hai vissuto, sia meno capace di sopportare ciò che tu hai sopportato significa dimenticare che tutti, emigrando, indipendentemente da come, viviamo un lutto", ha aggiunto.

Il suo messaggio non è passato inosservato, e molti utenti hanno reagito condividendo le proprie storie. "Ho attraversato cinque paesi con mia figlia; ho ancora incubi, ma tutti noi abbiamo vissuto qualcosa di difficile", ha scritto una persona. Un'altra ha commentato: "Tutti soffriamo in un modo o nell'altro; alla fine, siamo lontani dai nostri cari, ricominciando da zero". Qualcun altro ha aggiunto: "Lasciare il proprio paese è un sacrificio che fa sempre male, non importa come lo hai fatto".

Alcune opinioni hanno contrastato con il messaggio di Conde, sottolineando le differenze nei processi. “Non si dovrebbe comparare, ma chi è arrivato con parole è più fresco,” ha commentato un utente. Un altro ha osservato: “I primi arrivati hanno dato origine alla Legge di Aggiustamento Cubano, ma noi continuiamo a lottare per regolarizzare il nostro status.”

D'altro canto, ci sono stati commenti che hanno celebrato l'invito all'empatia e all'unità. “Tutti gli emigrati condividiamo qualcosa: lasciamo indietro ciò che siamo. Questo ci unisce più di quanto ci separi”, ha affermato una persona. Un altro utente ha riassunto: “Alla fine, tutti abbiamo sofferto e dobbiamo adattarci; fare confronti non ci porta da nessuna parte.”

La diversità delle reazioni ha incluso anche messaggi emotivi: "Io ho passato 13 giorni nella giungla del Darién, ma concordo con lei: ogni esperienza ha il suo valore". Un altro utente ha condiviso: "Il mare era la mia passione, e anche se sono sopravvissuto, so che per altri è stata dura". Al contrario, qualcun altro ha commentato: "Il processo di emigrazione è diverso per ognuno, ma ricominciare da zero in un altro paese fa sempre male".

Carelis ha concluso la sua riflessione con un invito a guardare oltre le differenze e a valorizzare ciò che unisce gli emigranti: la forza di aver affrontato un cambiamento così grande, indipendentemente da come.

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