Attivisti cubani creano un database con documenti delle UMAP

Sessanta anni dopo l'atrocità commessa contro decine di migliaia di persone, la storia delle Unità Militari di Aiuto alla Produzione continua a essere nascosta o minimizzata dal regime nelle mani degli eredi del potere comunista, totalitario e maschilista forgiato da Fidel Castro.

Reclusos de las UMAP (imagen de archivo) © X / @joseraul86
Reclusi delle UMAP (immagine di archivio)Foto © X / @joseraul86

Più di 25.000 cubani furono internati nelle Unità Militari di Aiuto alla Produzione (UMAP), veri e propri campi di concentramento dove il regime cubano rinchiuse, punì e condannò ai lavori forzati omosessuali, cattolici e giovani sospettati per i loro riferimenti culturali o intellettuali di non simpatizzare con la cosiddetta “rivoluzione”.

Tra il 1965 e il 1968, il regime cubano portò avanti quella politica violatrice dei diritti umani che portò al suicidio molti giovani, e sottopose migliaia ai trattamenti di ormonoterapia e elettroshock, e esperimenti comportamentali e riflessologici. Altri testimonianze riferirono torture con elettrodi, o trattamenti che includevano coma indotti con insulina per modificare “comportamenti omosessuali”.

Sessanta anni dopo quell'atrocità commessa contro decine di migliaia di persone, la storia delle UMAP continua a essere nascosta o minimizzata da un regime che cerca di ripulire la propria immagine con il riconoscimento dei diritti per il collettivo LGTBIQ+, ma senza approfondire il suo passato criminale di persecuzione, esclusione e violenza contro gli omosessuali.

Gli eredi del potere totalitario, maschilista e comunista cubano hanno approfittato del "mea culpa" cantato da Fidel Castro durante un'intervista concessa nel 2010 al quotidiano messicano La Jornada, nella quale si è assunto la responsabilità della creazione delle UMAP.

Da allora, e senza aprire i documenti classificati sull'argomento, hanno voluto voltare pagina su quegli eventi, a partire dalla deputata Mariela Castro Espín, figlia del generale Raúl Castro e direttrice del Centro Nazionale di Educazione Sexuale (CENESEX), artefice della falsa revisione storica di quel tragico episodio.

Tuttavia, la società civile cubana si è impegnata a far luce su quanto accaduto nei più di settanta campi della UMAP, così come negli uffici dei funzionari esecutori di quel perverso piano di “rieducazione”.

A tal fine, attivisti cubani hanno condiviso un link a un repository documentale a accesso aperto dove fonti anonime hanno reso pubblica una serie di documenti "redatti tra gli anni 1966 e 1968, estratti in quel periodo da unità militari dell'ex provincia di Camagüey e mantenuti al sicuro fino ad oggi".

Così ha indicato sui suoi social media questo lunedì il giornalista indipendente José Raúl Gallego, condividendo il link affinché i documenti “possano essere diffusi, letti e utilizzati da cittadini, giornalisti e ricercatori, con l'obiettivo che siano analizzati e contestualizzati per una comprensione più accurata e situata delle informazioni che forniscono.”

“Son documenti che fanno parte della storia del nostro paese, della memoria storica della nazione e devono essere disponibili a tutti i cubani e le persone interessate”, ha sottolineato Gallego.

La creazione di un "Centro Modello" per ristrutturare il Servizio di Homosexuales del Ministero dell'Interno, i cui obiettivi erano "cancellare ogni comportamento effeminato o antisociale"; un'intervista effettuata nel 1966 a un detenuto; o la creazione di Scuole Pre-militari per omosessuali, nei quali questi sarebbero stati classificati per tipologie (A, B e C) in base alle loro "manifestazioni omosessuali" e alla loro disciplina, sono alcuni dei documenti resi pubblici dalla società civile cubana.

Un “saggio” di taglio psicologico, sui cambiamenti nelle motivazioni; un documento sulle religioni cattolica e protestante, così come sulla loro relazione con il potere statale a partire dal 1959; e un altro incentrato sul Concilio Cubano di Chiese Evangeliche e Testimoni di Geova, fra gli altri, compongono il corpus documentale recuperato per la memoria e la storia del regime comunista totalitario cubano.

Al dire di Gallego, “il suo contenuto conferma parte di quanto narrato dalle vittime delle UMAP, poiché l'orrore e gli abusi sono andati ben oltre quanto appare in questi testi, e conferma il carattere omofobico, discriminatorio e violatorio costituito in politica ufficiale, del quale hanno tentato di disconoscere le principali figure del regime cubano e i loro portavoce”.

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